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05 maggio 2007
Informazione in tempo di crisi e dialogo con il Consiglio d'Europa
di Giulia Alliani

In occasione della Giornata Mondiale della Liberta' di Stampa, il 3 maggio, il Consiglio d'Europa ha voluto pubblicare domande e commenti da parte dei giornalisti sul tema: "Professionisti dei media in situazioni di crisi".

"Il Consiglio d'Europa desidera stringere relazioni piu' strette con i professionisti dei media, visto il continuo sviluppo di standard per la protezione della liberta' di espressione e di informazione in periodi di crisi, incluso la sicurezza dei giornalisti", ha dichiarato il commissario per i diritti umani del Consiglio, Thomas Hammarberg.

Nel corso degli ultimi 12 anni - ricorda il Consiglio - oltre 1.100 giornalisti e professionisti dei media sono stati uccisi mentre erano in servizio, secondo stime della Federazione internazionale dei giornalisti. Sono morti perche' qualcuno non gradiva cio' che scrivevano o dicevano, oppure perche' si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato.

I professionisti dei media sono stati dunque invitati a mandare via e-mail domande e commenti in inglese e francese relativi alle difficolta' che incontrano "dalla manipolazione dell'informazione alla censura" nella copertura mediatica delle situazioni di crisi. Le domande dovevano pervenire al commissario Hammarberg, (indirizzo: mediafreedom@coe.int). Il 3 maggio le domande pervenute sono state pubblicate, insieme alle risposte del Commissario, sul sito internet del Consiglio d'Europa.

Non sono state pubblicate domande inoltrate da parte di giornalisti italiani, ma certamente le risposte fornite dal commissario a giornalisti albanesi e rumeni potranno risultare utili anche per i professionisti del nostro Paese.

Rispondendo ad una domanda di Anel Kulakhmetova, che ha chiesto se e' possibile che nel giornalismo vi siano temi proibiti, il commissario Hammarberg ha detto che i governi dovrebbero lavorare in modo trasparente e garantire libero accesso alle informazioni che sono pubbliche.

Non ci dovrebbero essere "argomenti vietati" - secondo il commissario - ed eccezioni si possono fare soltanto in base all'articolo 10 della CEDU, cioe' l'articolo che, garantendo il diritto alla liberta' di espressione, specifica nel contempo le possibili e limitate eccezioni a tale diritto. Al di la' di questo, in una societa' democratica, nessuna legge dovrebbe costituire un ostacolo al libero flusso delle notizie. Secondo Hammarberg i mass media dovrebbero fare domande su quanto accade "dietro le quinte", e i governi dovrebbero fornire risposte perche' questa e' una delle qualita' di un organo di informazione critico e indipendente.

Daniel Ionascu, giornalista di "Actualitatea romaneasca", ha chiesto se esista una legge europea che garantisca ai giornalisti il libero accesso alle informazioni pubbliche. "In Romania - ha spiegato Ionascu - abbiamo la legge 544/2001, secondo la quale qualsiasi cittadino ha il diritto di chiedere informazioni e di ricevere una risposta entro 30 giorni. Dopo questo termine le istituzioni sono passibili di denuncia e processo, ma in Romania c'e' molta burocrazia e i cittadini non possono permettersi il lusso di citare lo Stato. Cosi' si crea un circolo vizioso."

Hammarberg, nella sua risposta, ha affermato che il Consiglio d'Europa incoraggia il vero giornalismo investigativo, uno stile di giornalismo essenziale per mettere in evidenza offese alla legalita' e all'etica che altrimenti resterebbero nascoste, sia nel mondo degli affari privati che in quello degli affari pubblici.

Il Consiglio - ha annunciato il commissario - sta attualmente lavorando ad una convenzione per il libero accesso alle informazioni: coprira' solo l'informazione pubblica; l'accesso alle informazioni commerciali (informazioni sulle societa' private) e' ancora definito dalle legislazioni dei singoli stati. Appena la convenzione verra' ratificata da un Paese essa dovra' venire integrata nelle leggi nazionali e costituira' un importante riferimento giuridico per i giornalisti che si battono per ottenere un migliore accesso alle informazioni detenute da governi e autorita' pubbliche.

Il Consiglio d'Europa sta anche conducendo attivita' di cooperazione volte ad aiutare i paesi membri nell'elaborazione di testi di legge e nell'istituzione di pratiche conformi alle norme europee. Inoltre, ha recentemente istituito un gruppo internazionale di specialisti per trattare le problematiche legate alla liberta' di espressione e di informazione in situazioni di crisi.

Proprio a proposito di liberta' di espressione, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) all'articolo 10, recita cosi':

1. Ogni persona ha diritto alla liberta' di espressione. Tale diritto include la liberta' di opinione e la liberta' di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorita' pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre ad un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.

2. L'esercizio di queste liberta' , poiche' comporta doveri e responsabilita', puo' essere sottoposto alle formalita' , condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una societa' democratica, alla sicurezza nazionale, all'integrita' territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorita' o l'imparzialita' del potere giudiziario.




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30 Aprile 2007
Gli ombrelli non finiscono mai

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Altan da repubblica.it

Marco Travaglio denuncia l'ennesima legge porcata per parare le chiappe ai nostri dipendenti. Io non ce la faccio più. Appena ti volti c'è un nuovo ombrello. Marco scriverà ancora per poco da uomo libero. Il suo prossimo libro sarà: "Le mie prigioni 2". Dopo Silvio Pellico c'è lui.

“ Caro Beppe, cari amici del blog,
vi rubo qualche minuto di attenzione per una faccenda piuttosto preoccupante che riguarda il mio lavoro di giornalista, ma anche il vostro di cittadini. Dieci giorni fa maggioranza e opposizione unite hanno deciso di mettere il bavaglio alla stampa su tutti gli atti d’indagine: verbali d’interrogatorio, intercettazioni, avvisi di garanzia, mandati di cattura, decreti di perquisizione e di sequestro, insomma tutto ciò che fino a oggi ci ha fatto capire le malefatte del potere politico, imprenditoriale, finanziario, sportivo eccetera. La legge l’hanno intestata al solito Mastella, come Berlusconi intestava le sue prime aziende alle casalinghe e ai cugini di Buscetta, e i suoi giornali al fratello e alla moglie. Ma l’ha voluta e votata tutta la Casta degli Intoccabili: alla Camera ha raccolto 447 voti favorevoli, nessuno contrario, e sette astensioni (Giulietti, De Zulueta, Caldarola, Carra, Poletti, Zaccaria e un altro che non ricordo).
Ancora sotto choc per le telefonate che fotografavano i maneggi di Fazio e dei vertici di Forza Italia, della Lega e dei Ds con i furbetti del quartierino, e che produssero le dimissioni dello sgovernatore e il fallimento delle scalate bancarie. Ancora atterriti dalle intercettazioni che costrinsero alla fuga i vari Moggi, Giraudo, Carraro, De Santis. Ancora sgomenti per le carte che hanno smascherato gli scandali del Sismi deviato e dello spionaggio Telecom.
Ecco, con questi sentimenti nel cuore e soprattutto nella poltrona, i nostri dipendenti hanno pensato bene di imbavagliare la stampa segretando tutto. Se la legge Mastella fosse stata in vigore qualche anno fa, non sapremmo ancora nulla di Bancopoli, Calciopoli, Vallettopoli, Ricattopoli, Tronchettopoli, Spiopoli (e scusate per queste orrende parole, ma ci siamo capiti). I protagonisti di tutti questi scandali sarebbero ancora ai loro posti, perché i processi non sono ancora iniziati. Infatti la legge impone il top secret a tutti gli atti fino all’inizio del processo (quelli del fascicolo del pubblico ministero, addirittura fino alla sentenza d’appello). Così, se anche il Senato approverà questa porcata, l’opinione pubblica non saprà più nulla degli scandali per anni e anni, visti i tempi biblici della nostra giustizia. E non potremo nemmeno esercitare il controllo sull’attività della magistratura, che pure amministra la giustizia “in nome del popolo italiano”.
Non facciamoci fregare dalle parole: questa non è una legge “in difesa della privacy” (che esiste da una quindicina d’anni), nè contro “la gogna delle intercettazioni”: qui non sono in ballo solo le intercettazioni, che pure sono importanti, ma – lo ripeto – tutti gli atti di indagine.
Qualcuno dirà: ma anche oggi sono segreti. Non è vero. E’ dal 1989 che il segreto istruttorio non esiste più. E’ stato sostituito, nel nuovo codice di procedura penale, da un blando segreto investigativo che copre solo gli atti “non conoscibili dall’indagato”. Se l’indagato li conosce, non sono più segreti. E se ne può parlare. L’unico limite è quello – peraltro assurdo – che vieta di riportare il testo integrale di un interrogatorio o di un’intercettazione, ma consente di pubblicarne il contenuto, cioè un riassunto il più possibile fedele. Comunque, chi infrange quel divieto (e nei casi importanti è doveroso infrangerlo), rischia una multa ridicola: da 51 a 258 euro (e se uno “oblaziona”, pagando la metà, cioè 130 euro, non viene neppure processato).
Ora invece la legge Mastella porta la pena a un minimo di 10 mila e a un massimo di 100 mila euro. Così l’oblazione passa da 120 euro a 50 mila. Cifre che nessun giornalista può permettersi di pagare e che nessun editore – salvo che sia Berlusconi alle prese con le telefonate di Fassino – sarà disposto a sborsare. Al contempo, la legge allarga a dismisura la categoria degli atti non più pubblicabili. E’ vietata la pubblicazione, “anche parziale o per riassunto, degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive, anche se non più coperti da segreto, fino alla fine delle indagini o dell’udienza preliminare”.
La notizia non é segreta, ma è vietato pubblicarla: i giornalisti la conoscono, ma non possono più raccontarla. Se qualcuno vuol proprio sapere qualcosa, magari viene in redazione e gli facciamo leggere le carte, di straforo. Ancora: è vietata la pubblicazione, anche nel contenuto, di intercettazioni e tabulati telefonici “anche se non più coperti da segreto”. Stesso discorso: non sono segreti, il giornalista li conosce, gli avvocati pure, i politici di solito anche, ma la gente non li deve sapere. Così, intanto, brulicano i ricatti. Se poi vengo in possesso di un dossier o di un’intercettazione illegalmente raccolti (per esempio, dal Sismi o dalla banda Tavaroli), e magari questi contengono notizie gravissime (per esempio, che si sta preparando un colpo di Stato), e li pubblico, rischio da 6 mesi a 4 anni di galera. Quindi non li pubblico, oppure finisco dentro.
Che fare? Intanto è importante sapere cosa stanno preparando e avvertire gli amici. E poi bisogna tenersi pronti per qualche iniziativa concreta: che so, una raccolta di firma, un referendum abrogativo. Io, per parte mia, se la porcata dovesse passare, farò obiezione di coscienza e pubblicherò ugualmente notizie vietate, per farmi processare e chiedere al giudice di sollevare un’eccezione dinanzi alla Corte costituzionale per far dichiarare illegittima la norma.
a ripeto: non è una legge contro i giornalisti, che le notizie continueranno a conoscerle (e in molti casi sono ben felici di farsi imbavagliare, così danno la colpa a Mastella e non passano per servi). E’ una legge contro i cittadini. Parafrasando Altan, potremmo tradurla così: al cittadino non far sapere come gl’infilano l’ombrello nel sedere."
Marco Travaglio


INES TABUSSO