00 07/02/2007 09:49
PRIMA PARTE

XV LEGISLATURA
Commissione VII
18.
Mercoledì 20 dicembre 2006

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE RECENTI VICENDE RELATIVE AL CALCIO PROFESSIONISTICO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL SISTEMA DELLE REGOLE E DEI CONTROLLI

Audizione di rappresentanti di tifoserie di squadre di serie A e B



COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA
Seduta di mercoledì 20 dicembre 2006

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIETRO FOLENA

La seduta comincia alle 9,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di tifoserie di squadre di serie A e B.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle recenti vicende relative al calcio professionistico, con particolare riferimento al sistema delle regole e dei controlli, l'audizione di rappresentanti di tifoserie di squadre di serie A e B, che saluto.
Abbiamo avuto qualche indisponibilità, nei giorni scorsi, per ragioni logistiche e materiali, di altri club, e qualche ulteriore indisponibilità, sempre per ragioni logistiche, si è aggiunta nella mattinata.
Sapete che stiamo svolgendo un'indagine conoscitiva - che si dovrebbe concludere nella giornata di domani, con l'audizione del ministro Melandri - che è cominciata nel mese di luglio e che ha avuto come oggetto lo scandalo di «calciopoli», con particolare riferimento al sistema delle regole e dei controlli.
Non ci siamo sostituiti in alcun modo, né è nostra intenzione farlo, alla giustizia sportiva, che ha fatto il suo corso; semmai si può valutare che tale corso è articolato in troppi livelli, ma questo non attiene in alcun modo ad una valutazione da parte del Parlamento sul merito di ciò che è avvenuto davanti alla giustizia sportiva nei successivi gradi di giudizio.
Noi siamo però responsabili, in quanto legislatori, di molte delle norme che regolano il calcio, alcune delle quali rispondono all'autogoverno del mondo del calcio, attraverso i suoi organismi. Per questa ragione vogliamo concludere l'indagine conoscitiva con un documento che fornisca sia indicazioni e suggerimenti, nel rispetto assoluto dell'autonomia, al mondo del calcio - nel quale, alla vigilia della votazione di un nuovo statuto, ci sono problemi legati alla riorganizzazione della giustizia sportiva -, sia idee per la soluzione di problemi che riguardano più direttamente il potere del Parlamento e i compiti dell'Esecutivo.
Ci stiamo occupando - e siamo già in aula, dovremmo concludere auspicabilmente i primi di gennaio - del provvedimento che riforma i diritti televisivi e la loro distribuzione in un senso più mutualistico, per evitare la concentrazione eccessiva dei proventi e dei profitti dei diritti alle società più grandi. Dovremmo riformare anche la disciplina delle società: una valutazione condivisa dalla sinistra e dalla destra, in questa Commissione, è che l'aver portato molte regole del mercato, senza il dovuto sistema di filtri e di controlli, ha fatto perdere qualcosa che riguarda l'originalità del gioco del calcio, il cui mercato e il cui sistema di imprese non possono essere considerati come gli altri; c'è un

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grande bene comune che va tutelato, il pallone, il gioco del calcio, la passione dei tifosi.
Molti colleghi dell'opposizione e della maggioranza hanno suggerito di dedicare un momento importante anche all'audizione delle tifoserie, che ringraziamo di essere qui.
Come sapete, di questa audizione è redatto un resoconto stenografico; inoltre il suo svolgimento andrà in onda sul canale satellitare della Camera dei deputati, in diretta e nei prossimi giorni. Vi chiediamo, pertanto, di contenere le vostre esposizioni nell'ordine di cinque minuti ciascuno; ad esse seguiranno le domande che le colleghe e i colleghi dei diversi gruppi parlamentari vi rivolgeranno; dopodiché ci sarà la replica.
Do pertanto la parola ai rappresentanti delle tifoserie qui presenti, affinché svolgano il loro intervento introduttivo.

GIOVANNI LONARDI, Vicepresidente del centro di coordinamento Chievo-Verona. Vi ringrazio per l'opportunità offertaci di entrare nel mondo in cui si fanno le grandi scelte della politica e di portare la nostra testimonianza.
Naturalmente parlo in qualità di vicepresidente del centro di coordinamento del Chievo, una squadra che, come sapete perfettamente, rappresenta una particolarità nel mondo del calcio professionistico: una squadra non dico nata per scherzo, ma che si sta proponendo al mondo del calcio come una realtà, non più come una meteora; una squadra che sta portando avanti un messaggio, quello dell'opportunità di una piccola società di partecipare al grande mondo del calcio.
Abbiamo accolto con grande entusiasmo il vostro invito, per il semplice fatto di portare la nostra voce in questo mondo, sui temi che sono all'ordine del giorno. È per noi un grandissimo onore essere qui a raccontarvi la nostra esperienza, che credo possa essere di esempio. Siamo un piccolo gruppo di tifosi che segue la sua squadra. Dico piccolo per forza di cose, perché, come sapete, nella città di Verona esiste anche un'altra squadra, che ha una tifoseria storica, ma noi non ci vergogniamo di essere un numero limitato.
Forse per la nostra particolarità di essere in numero contenuto, forse per la tipologia della nostra presenza, che è molto ridotta nei campi di calcio, non abbiamo mai avuto - e cerchiamo di non averne mai - problemi con le tifoserie avversarie, con le forze dell'ordine, con tutto quello che è il mondo del calcio. Certo, fa parte anche della nostra tifoseria qualche ragazzo scalmanato, ma vi assicuro che il modo con cui pensiamo di poterci proporre è abbastanza indicativo.
Abbiamo fatto delle trasferte importanti a Reggio Calabria, a Firenze, eccetera, senza aver mai incontrato difficoltà. Purtroppo viviamo in casa le difficoltà, perché, nonostante siamo considerati una città, una tifoseria e una società modello, ci troviamo spesso e volentieri penalizzati, perché anche noi sopportiamo le tensioni che vengono a manifestarsi nel momento in cui le tifoserie numerose si scontrano. Il fatto di subire controlli e difficoltà di accesso allo stadio ci crea problemi di non poco conto. Il nostro pubblico è composto da gente molto semplice, che crede ancora nei valori dello sport e del calcio, in un calcio genuino. Questo deriva da quando noi eravamo in serie C, quando si andava allo stadio con la famiglia, i figli, i nonni, i parenti ed affini. Questa situazione, dunque, ci mette in difficoltà e le tensioni alle quali non eravamo abituati ci penalizzano.
Non siamo qui a suggerirvi misure particolarmente liberali, per far sì che, finalmente, si possa accedere allo stadio nella maniera più semplice possibile, che la gente possa andare allo stadio senza tanti vincoli. Tuttavia, sinceramente ci piacerebbe essere un po' più liberi ed andare allo stadio senza essere considerati dei criminali.
D'altra parte, come diceva prima l'onorevole Folena, credo sia importante una riforma - nonostante siano argomenti che come tifoseria viviamo in maniera abbastanza marginale - dei diritti televisivi, che abbia un'attenzione e una disponibilità maggiore verso le piccole società, che forse non hanno l'audience delle grandi società

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- questo è vero -, ma che rappresentano la genuinità di un mondo nel quale vogliamo credere. Ben venga, dunque, una suddivisione dei proventi in maniera diversa, con un'attenzione anche a chi al calcio crede, vuole credere e intende portarlo avanti. Grazie.

PIETRO VUTURO, Rappresentante del gruppo storico ultras viola-Fiorentina. Innanzitutto vi ringrazio per l'invito. A differenza del collega, rappresento uno spaccato di mondo completamente diverso, nel quale ci si trova anche a gestire situazioni difficili in una città come Firenze che, anche se non presenta grandissimi numeri, è stata ultimamente al centro dell'attenzione per tutto quello che è successo e che voi conoscete.
Come diceva chi mi ha preceduto, il problema evidente da noi riscontrato riguarda il cosiddetto decreto Pisanu, che a nostro parere è assolutamente da rivedere, per diversi motivi: innanzitutto perché non viene rispettato. Di frequente, poiché ci occupiamo anche della biglietteria, ci vengono chieste le liste, che poi vengono cambiate - lo ripeto, rappresentiamo un mondo abbastanza particolare - e la documentazione relativa a persone che molto spesso non hanno i documenti.

ANTONIO RUSCONI. Perché?

EMERENZIO BARBIERI. Che significa «non hanno i documenti»?

PIETRO VUTURO, Rappresentante del gruppo storico ultras viola-Fiorentina. Non li hanno, oppure presentano la documentazione di una persona e poi allo stadio ne entra un'altra. Insomma, non esiste una forma di controllo su chi accede. Il fatto è che poi ne viene data a noi la responsabilità, nonostante quello che facciamo. Questo succede sia in trasferta sia in casa, ed è appurabile in ogni momento. Ciò che dico è l'assoluta verità.
Fortunatamente, a Firenze, abbiamo un buon rapporto con gli organi di polizia all'insegna del massimo rispetto reciproco. Abbiamo trovato un «ufficio stadio» molto competente, formato da persone con le quali è possibile dialogare, e questo ci ha dato la possibilità di impostare, anche a livello di tifoseria, un discorso costruttivo.
Spesso si ha la sensazione che il mondo ultras sia frainteso, visto che se ne parla solo quando si scatena un po' di confusione. Invece, il mondo ultras riunisce una vasta gamma di persone e di realtà sociali, comprendendo il ragazzo che vive nel quartiere, ma anche il professionista. Ogni volta che si è parlato - e si parla - di prospettive per il calcio e di nuove regole, mai questo mondo è stato interpellato; sono sempre state assunte decisioni che dall'alto si riportano verso il basso e che spetta a noi gestire.
Un altro aspetto importante - mi sono segnato alcuni punti da esporre, perché il discorso sarebbe lungo - è quello relativo ai rapporti con la stampa. A nostro avviso, all'interno di un processo di riorganizzazione del calcio, bisognerebbe considerare anche come vengono presentati gli eventi calcistici, al di là dei diritti televisivi. Il discorso relativo ai diritti televisivi è molto più complesso, perché ci sono società, come il Chievo, che hanno una certa percentuale e altre che riescono a gestire, a livello di diritti, l'intero «pacchetto»; quindi, esiste già in partenza una disparità che, a nostro parere, non ha ragione di esistere.
A proposito dei rapporti con la stampa - mi dispiace che non ci sia un contraddittorio con i giornalisti -, è sufficiente leggere i giornali e vedere come sono presentati gli eventi: alcune partite vengono presentate sostanzialmente come delle guerre. Il problema non si pone fino a quando si ha a che fare con persone che hanno capacità di discernere, valutare e capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ma quando parliamo di un ragazzo - senza voler giustificare alcuno - che ha minori capacità valutative o che vive in un contesto sociale di un certo tipo, bisogna stare molto attenti a ciò che si scrive. Il sospetto che nasce è che forse a qualcuno non dispiaccia che avvengano certi fatti. E ne abbiamo la conferma.

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Prima di concludere voglio esprimervi la mia gratitudine, perché difficilmente ci viene data la possibilità di parlare, soprattutto in sedi come questa. Invece, è importante affrontare questo argomento, dal momento che sul mondo ultras viene fatta molta confusione.
Vi invito a discuterne intorno ad un tavolo: se veramente - e noi ce lo auguriamo per primi - bisogna parlare di organizzazione, di revisione di questo mondo, che per noi è una malattia, per altri una passione, ma che comunque interessa tutti, vi chiedo di interpellarci.
Non vedete questo mondo come composto da persone con le ossa nei capelli e gli anelli al naso: non è così. Ci sono teste che possono pensare e che successivamente agiscono.
Non per darci dei meriti, ma devo dire che abbiamo gestito realtà veramente difficili a Firenze. Dal fallimento della gestione Cecchi Gori al momento in cui ci è stata inflitta la penalizzazione, vi garantisco che non è stato facile.
Concludo parlando della gestione del provvedimento DASPO, che sinceramente ci fa sorridere. Ci viene chiesto di evitare l'occupazione dei binari della stazione di Campo di Marte; ci viene chiesto di portare 40 mila persone in piazza, a Firenze, garantendo che niente avvenga, e questo viene puntualmente fatto. In occasione di partite altamente a rischio, quando ospitiamo tifoserie di un certo tipo - ripeto, Firenze pur non essendo una grande metropoli, non è una realtà come quella del Chievo -, cerchiamo di evitare incidenti. Nonostante questo, viene fatto un uso del DASPO in maniera preventiva, nel senso peggiore del termine. E questo ci amareggia profondamente. Sono oggetto del provvedimento persone che «potrebbero» creare problemi. Così non andiamo d'accordo. Se ci viene chiesta collaborazione, chiediamo di riceverla e che ci sia un rapporto non dico paritetico, ma perlomeno di confronto. Spesso in realtà come Firenze sono stati presi provvedimenti nei confronti di persone che oggettivamente non avevano fatto niente.
Il campanello d'allarme più evidente è che gli stadi si stanno svuotando e questo la dice lunga. Le persone non hanno più voglia di andare allo stadio, anche perché c'è una overdose di calcio a tutti i livelli. Se vogliamo far tornare le famiglie allo stadio - a Firenze abbiamo il progetto Fiesole, per la cui realizzazione le curve si sono fatte garanti - è necessaria una maggiore vivibilità negli stadi e che questi siano a norma. Infine, è necessario che siano veramente riscritte le regole, ma con le persone che vivono il calcio in prima persona, come attori protagonisti e non passivi. Grazie.

PRESIDENTE. Non le nascondo, signor Vuturo, che nell'organizzazione di questa audizione, che è una sorta di «prima», abbiamo incontrato, a dimostrazione di quello che lei afferma, ampie zone di diffidenza. Dunque la possibilità che si costruisca un tavolo e che si superino queste zone di diffidenza, che si avvii un dialogo e una comunicazione è, a mio modo di vedere, un obiettivo veramente molto importante.

FAUSTO SALA, Direttore responsabile del centro di coordinamento Inter club. Mi ricollego subito alle ultime parole del presidente, perché personalmente ritengo che essere qui questa mattina, a parlare di argomenti che quotidianamente viviamo, sia più che una soddisfazione.
Oltre ad essere direttore responsabile del centro di coordinamento Inter club, sono segretario generale della FISSC - Federazione italiana sostenitori squadre calcio -, che ultimamente non è tanto ricordata come, invece, meriterebbe. Si tratta di un'associazione nata nel 1970, presieduta da Claudio Cimnaghi.
Vivere la passione per il calcio e all'interno del mondo del calcio - sarò schietto - da soggetti assolutamente passivi, come ultimamente stiamo facendo, per noi è un enorme peso. È stato citato il decreto Pisanu, che ha dato un giro di vite, a tutti noi, in senso negativo. Il risultato è quello che vediamo tutte le domeniche: gli stadi si stanno svuotando,

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perché la gente, considerando le difficoltà che deve superare per poter tranquillamente assistere a una partita, preferisce guardarla alla televisione.
Per questo, lo ripeto, essere qui a portare il nostro contributo - è sempre stato il nostro piccolo obiettivo quello di essere interpellati da persone più competenti per quanto riguarda la frequentazione degli stadi - è per noi un bel successo. E spero di interpretare il pensiero di tutti.
Rappresentando l'Inter, probabilmente faccio da collante fra le due società che sono intervenute prima, da una parte la piazza di Chievo-Verona, dall'altra i rappresentanti degli ultrà viola. Noi, inevitabilmente, conviviamo - per la massa di tifosi che seguono i colori dell'Inter - sia con il tifo organizzato legato al centro di coordinamento Inter club, quindi quello ufficiale, sia con i rappresentanti del tifo ultrà.
Anche noi ci occupiamo direttamente della biglietteria, sia per i nostri club che per gli altri tifosi. È ovvio che, se vengono stabilite delle regole, si esigerebbe anche dagli organi competenti di essere messi nelle condizioni di farle rispettare. Lo dico perché ci sono dei contorni quasi ridicoli. Quando ci arrivano gli elenchi con nomi dichiaratamente inventati e sappiamo che all'interno dello stadio può succedere di tutto, ci rendiamo conto che le norme introdotte non possono arrivare alla minima conclusione, il che lascia l'amaro in bocca.
Come in ogni associazione - parlo in questo caso di club in generale -, nell'Inter club c'è un presidente che si fa carico, a livello di responsabilità, di tutte le azioni che possono compiere i soci iscritti. A livello pratico, per cercare di dare dei suggerimenti, il nostro cavallo di battaglia è ritornare all'intestazione del biglietto oppure dell'abbonamento stadio. Se si vuole un nominativo, è quello del presidente. Quando sono successi fatti particolari a San Siro, per come siamo organizzati, siamo risaliti all'istante al responsabile, semplicemente perché abbiamo un elenco dei soci, dati anagrafici e indirizzi. Quindi, ogni presidente di club riesce ad identificare benissimo i propri iscritti.
Non mi addentrerei in altri discorsi perché abbiamo passato un anno e mezzo davvero difficile, con tutto quello che purtroppo è successo. I nostri soci, i nostri iscritti e tutti noi credevamo in un determinato mondo, che purtroppo si è rivelato come sappiamo. Oggi, dunque, avere la possibilità di dare personalmente dei piccoli suggerimenti è veramente molto importante. Questo è un inizio, che io apprezzo. Suggerisco, per il futuro, di fare maggiore attenzione al calendario, evitando un turno di campionato che impegna tutti. In quel caso, la risposta - mi creda, presidente - sarebbe stata unanime, perché non vedevamo l'ora di essere sentiti; ci sarebbe stata, dunque, una presenza di tutte le tifoserie, che mi pregio di rappresentare.
Ringrazio per questo invito e mi auguro che sia davvero l'inizio di un percorso a piccoli passi, importanti come quello di oggi.

PRESIDENTE. Il guaio è che ormai si gioca quasi ogni giorno, per esigenze televisive. Comunque, l'osservazione è giusta.

GIAMPIERO SIRICA, Addetto stampa dell'associazione italiana Napoli club. In primo luogo, porto i saluti del presidente dell'associazione Napoli club, Saverio Passaretti, il quale, come altri rappresentanti dell'associazione, non ha potuto essere presente a questo importante appuntamento, del quale comunque vi ringrazia caldamente.
Mi trovo purtroppo in una situazione difficile, non avendo maturato l'esperienza giusta per parlare di problematiche così complesse come quella di «calciopoli» e del decreto Pisanu sulla violenza negli stadi. Preferirei, quindi, limitarmi ad essere un semplice uditore, per ascoltare persone che hanno sicuramente un'esperienza superiore alla mia.
Vorrei solo fare una piccola precisazione in merito all'argomento introdotto dal presidente, relativamente a «calciopoli». La piazza di Napoli fa sempre storia

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a sé, nell'ambito nazionale, sia per i fatti di cronaca nera, sia per i fatti sportivi. Per quanto riguarda «calciopoli», posso assicurarvi che la mia città ha subito lo scandalo con assoluta noncuranza, a differenza di quanto avvenuto in ambito nazionale. Nei napoletani non c'è nessun reale interesse, nessun attaccamento a questi fatti che hanno riguardato il mondo sportivo, forse perché ancora scottati dalla retrocessione per il fallimento della vecchia e gloriosa società sportiva Calcio Napoli.
Probabilmente, il fatto che ci sia una differenza così forte nel comportamento della giustizia sportiva, che ha stabilito la retrocessione per un evento quasi naturale per la storia di un grande club, quale può essere il fallimento di una società in crisi finanziaria, mentre è più morbida rispetto a problemi come un illecito sportivo, ha fatto sì che la mia città sia rimasta completamente distaccata dall'evento «calciopoli».
Per quanto riguarda il problema degli stadi - si è parlato del decreto Pisanu -, anche in questo caso la mia città fa storia a sé. Si parla tanto di stadi vuoti, ma ricordiamo che Napoli per un'amichevole registra 15 mila spettatori, per una partita di coppa Italia 30 mila, per una partita di campionato fino a 60 mila (nella partita con la Juventus abbiamo superato ampiamente questa soglia).
Dal momento che il San Paolo si trova nel pieno centro della città, vicinissimo a centri commerciali, a grandi nuclei di abitazioni, è davvero difficile arrivarci per poter acquistare un biglietto nominativo ed entrare, pertanto, in maniera civile in uno stadio così affollato.

PRESIDENTE. Sappiamo che, nell'ambito del programma per gli Europei del 2012, è stata ipotizzata l'istituzione di un tavolo, di cui si è già parlato nelle nostre indagini conoscitive, per la realizzazione di un nuovo impianto sportivo a Napoli, che dovrebbe risolvere questo problema.

DAVID BELLI, Vicepresidente del centro di coordinamento Toro club-Torino. Vi ringrazio per averci invitato e per la possibilità che ci date di dire la nostra.
Partiamo dal decreto Pisanu: bisogna capire, se la norma serva per allontanare le persone dallo stadio, o per riportarcele. Se non sbaglio, solo due stadi sono adeguati alla disciplina del decreto Pisanu. Si fa di tutto per cercare di portar via le tifoserie dalla loro squadra e per scoraggiare le persone dall'andare allo stadio.
C'è poi il discorso dei diritti televisivi. Basti pensare che lo scorso anno «mister tv» era Sky, che dava l'ok per far cominciare le partite allo stesso orario. Non credo che questo sia giusto, come non trovo giusto che ci siano delle società che prendono tantissimi soldi e altre che non ne ricevono. Penso al Torino che, fino agli scorsi anni, era una squadra mediocre, ma anche a società più piccole.
Una famiglia non può più decidere all'ultimo momento di andare allo stadio, come succedeva una volta, perché i biglietti del settore ospiti vengono distrutti entro un determinato giorno dalla Guardia di finanza.
Si parla tanto di «calciopoli», ma anche quest'anno abbiamo assistito a una farsa, come negli anni scorsi. Ci risulta che, per togliersi di torno Moggi e Giraudo, ci siano stati accordi con la Juventus: questo sarebbe il motivo per il quale è stato inventato lo scandalo di «calciopoli». Vi chiediamo di andare a fondo su questo argomento, di verificare cosa c'è di vero intorno a «calciopoli». Ci sono società e, soprattutto, tifoserie che hanno pagato un caro prezzo, senza che nessuno si ponesse il problema di quanti tifosi abbiano sofferto per questa vicenda.
Per quanto riguarda il fallimento del Torino, posso dirvi che un ragazzo, prima di impiccarsi, ha lasciato una lettera al padre per spiegargli che, poiché il Torino era morto, sarebbe morto insieme alla sua squadra. È accaduto nelle Marche. Questo episodio lascia capire che cosa può rappresentare una squadra di calcio per molti. È una fede che va oltre ogni limite. Si può cambiare moglie, partito politico, religione, ma l'amore per la propria squadra di calcio non cambia mai.

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Quello che vi chiediamo - questo è l'inizio e ci auguriamo tutti che ci sarà un seguito - è di andare a fondo, occupandosi anche di soggetti come Ciminelli, presidente del Torino, che non ha pagato l'erario, ha fatto fallire la società, ma non ne ha pagato le conseguenze.
Perché se ho una squadra di calcio non mi succede nulla se non pago l'erario, mentre se ho un'impresa e non pago subisco conseguenze pesanti? Andiamo a fondo su queste questioni, facciamo giustizia - ma che sia giustizia vera -, altrimenti continuiamo a parlare senza mai fare nulla.
Parliamo anche dei programmi trasmessi dalla televisione: molti fomentano determinate reazioni parlando in modo non corretto. Conduco una trasmissione radiofonica sul Torino, ma non mi permetterei mai di diffondere notizie di un certo tipo, perché so che dall'altra parte c'è gente che ascolta e non si sa mai come può comportarsi. Chi si occupa di comunicazione ha l'obbligo di dare le informazioni in un certo modo.
Ancora, i prezzi dei biglietti sono altissimi, quindi dovremmo fare in modo - noi come tifosi, facendo una proposta a tutte le nostre società, e voi dalla parte del Governo - che le società possano abbassare i prezzi, per permettere a tutti di andare allo stadio e di vivere una giornata di sano sport.
Vorrei fare un'ultima riflessione sui procuratori e sulla sentenza Bosman. Una volta, quando il giocatore era in mano alle società di calcio, si comportava in un certo modo, mentre oggi i procuratori la fanno da padroni. Se il procuratore dice al giocatore di stare attento, nel corso di una partita, a non «mettere il piede» perché sta trattando con un'altra società di calcio, il calciatore non darà mai il massimo in quella partita.

ALESSANDRO CAPITANIO, Presidente dell'Associazione italiana Milan clubs. Sono allineato con i miei colleghi nei ringraziamenti per l'invito che ci avete rivolto. È da 41 anni che faccio parte dell'Associazione italiana Milan clubs. Oltre ad andare a vedere le partite, svolgiamo delle attività a scopo benefico. Due anni fa abbiamo donato 75 mila euro ai bambini del Congo per la cura di malattie come la tubercolosi. Abbiamo indetto un concorso per fare una donazione all'AIDO. Tanti centri di coordinamento - tanti miei colleghi non lo dicono - svolgono attività molto importanti. La società mette a disposizione per ogni partita dei biglietti per le scuole, per gli oratori, per gli istituti, per portare i bambini a vedere le partite gratis.
Abbiamo 970 clubs in Italia e nel mondo, per un totale di 120 mila iscritti.
Per quanto riguarda il decreto Pisanu, sono favorevole ad una sua revisione. Abbiamo scritto - nella scorsa legislatura - al senatore Pera, alla Camera dei deputati e al Presidente Berlusconi, per chiedere di rivedere la norma, che rappresenta una penalizzazione per i club e che sta allontanando tante persone dallo stadio (rispetto allo scorso anno, gli abbonamenti sono diminuiti del 30 per cento). Meno male che i nostri prezzi popolari sono bassi; ma quando andiamo in trasferta dobbiamo pagare un biglietto popolare - non chiediamo la tribuna, - che costa 25-30 euro, una cifra enorme. A San Siro, invece, entriamo con 12 euro, al massimo 15: va bene, parliamo di uno stadio grande, ma è sempre la stessa gente che va a vedere le partite.
Tra l'altro, anche noi abbiamo una collaborazione con le forze dell'ordine. L'associazione ha costituito cinque anni fa una cooperativa di supporto, che offre gratuitamente un servizio all'interno dello stadio, accompagnando le persone ai loro posti. Inoltre, ci sono persone che controllano la biglietteria (per modo di dire, visti i risultati del decreto Pisanu).
Bisogna dare più responsabilità ai presidenti dei club, i quali, quando ritirano i biglietti, forniscono l'elenco delle persone e sono loro i responsabili. Può capitare che due giorni prima della partita, si senta male qualcuno e il presidente del club lo sostituisca con qualcun altro; poiché sul biglietto è segnato il nome del Milan club, il posto preciso si può sempre rintracciare.

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È necessaria la vostra collaborazione sulla questione del decreto Pisanu, che necessita di essere rivisto. È molto importante, da questo punto di vista, dare responsabilità al presidente di ogni club. Nella partita con l'Inter abbiamo venduto diecimila biglietti, corredati di nome e cognome e di tutti i dati necessari; i nomi vengono inviati alla società e, se non capita nulla, il lunedì questi dati vengono distrutti.
Quanto ai controlli all'ingresso, è vero che sono assenti. Le forze dell'ordine devono svolgere altre attività, ma deve esserci del personale predisposto al controllo del documento e del biglietto di ingresso. Invece, con il sistema dell'intestazione del biglietto al Milan club, o al Toro, o all'Inter, il presidente consegna, quando ritira i biglietti, l'elenco dei nomi al centro di coordinamento, che lo consegna alle società e alle forze dell'ordine. Questo è molto importante per noi.
Per quanto riguarda la questione delle televisioni, sono piuttosto contrario al sistema attuale, dal momento che mi piacerebbe che gli stadi fossero pieni di persone, che hanno scelto di vedere dal vivo la partita e non attraverso la televisione. Non vorrei entrare nel merito di questo argomento, perché è giusto anche che la televisione finanzi, in qualche modo, il calcio. Vi ringrazio per averci invitato in questa sede, saremo sempre disposti a dare dei suggerimenti, se sarà possibile.

PRESIDENTE. Informo che avevamo invitato anche altre rappresentanze di tifoserie, del Bologna, della Roma, della Lazio, del Catania, della Juventus, della Sampdoria, del Genoa, del Palermo, del Livorno e del Bari, ma per ragioni diverse non sono state disponibili questa mattina.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

EMERENZIO BARBIERI. Ho ascoltato con interesse quanto esposto dagli auditi. Ho alcuni dubbi che intendo esternare, in modo tale che nel giro di replica possiate chiarirli.
Il decreto Pisanu - come ben ricorda l'allora sottosegretario al ministero dei beni culturali e ambientali, con delega allo sport, onorevole Pescante, che è qui presente - fu oggetto di un confronto molto serrato nell'allora maggioranza. Tuttavia, al di là dei contenuti, è necessario che ci mettiamo in testa che siamo in un paese nel quale, quando i decreti sono vigenti, devono essere rispettati. Gli strumenti per modificarli sono altri: se, ad esempio, l'attuale maggioranza non condivide il decreto Pisanu, ha tutti gli strumenti per cambiarlo. Non si può pensare che negli stadi, con una sorta di promozione individuale, non si applichino i decreti. Questo criterio, allora, dovrebbe valere anche per la giustizia, così quando qualcuno subisce un torto si fa giustizia da solo. Ma in uno Stato di diritto questo non è consentito.
Io credo che il decreto Pisanu non sia da buttare via per intero. In ogni caso, fino a quando vige, deve essere applicato. Da questo punto di vista, il problema credo che sia molto serio in alcuni stadi, più facile da risolvere in altri. Il mio modello è quello inglese: negli stadi inglesi non c'è un solo posto che non sia nominativo e numerato.
L'indicazione che dava per ultimo il presidente dell'associazione dei Milan clubs mi sembra molto saggia. Gli strumenti ci sono per cambiare, eventualmente, il nome nel caso in cui chi ha acquistato il biglietto debba essere sostituito da un altro. È necessario entrare nell'ordine di idee che la nostra vita, da un certo punto di vista, è cambiata a seguito di avvenimenti che non dipendono da noi. Oggi un comune cittadino che decide di andare a Londra, o si presenta tre ore prima ai varchi di sicurezza o non si imbarca. Se questo è lo schema, deve valere anche negli stadi.
Inoltre, a mio giudizio, quello che le associazioni dei tifosi - non solo italiani, ma europei - potrebbero fare proficuamente è sviluppare un grande movimento di pressione, a livello di opinione pubblica e anche di organi dirigenti di tutto il mondo del calcio, perché avvengano alcuni cambiamenti radicali.

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Per spiegarmi meglio, permettetemi di fare un esempio. Non avendo cose più interessanti da fare, ho guardato la partita Bologna-Juventus. A mio parere, non è possibile che, nel momento in cui noi siamo in grado di risalire anche agli assassini dei più efferati delitti, non ci si doti di uno strumento che avrebbe consentito di vedere, per prima cosa, che un giocatore - non sono un grande intenditore, ma credo si chiami Zalayeta - ha fermato il pallone con la mano e, seconda cosa ancora più allucinante, che il pallone non è mai entrato in rete. Non so se poi sia successo qualcosa fuori dallo stadio di Bologna, ma è inimmaginabile che siamo ancora nella condizione in cui non si utilizzano strumenti che, peraltro, sono a disposizione. Non chiedo di fare come nel football americano, dove l'arbitro, attraverso l'auricolare, si informa se una determinata azione era fallosa e quant'altro, ma almeno alcune innovazioni elementari devono essere introdotte. Da questo punto di vista, credo che andrebbe sviluppato un movimento di fortissima pressione da parte delle tifoserie, non solo italiane, ma anche degli altri paesi europei.
Terza considerazione. Io credo che a nessuno dei presenti sfugga quanto lo Stato spende per mantenere l'ordine pubblico negli stadi e fuori dagli stadi. È una cifra spropositata.
Nella precedente legislatura - lo ricorderà l'onorevole Pescante - quando fu proposto dal gruppo al quale appartengo, l'UDC, un ordine del giorno in cui si chiedeva di impegnare il Governo affinché i costi del mantenimento dell'ordine pubblico negli stadi e fuori dagli stadi fossero a carico delle società, il Governo diede parere negativo e non se ne fece nulla.
Tuttavia, il problema deve essere affrontato e, anche in questo caso, non ritengo ci sia molto da inventare: si utilizza lo schema degli steward inglesi. All'interno dello stadio l'ordine pubblico non può essere garantito dalla polizia. A ciascuno di noi che fa politica capita, a volte, soprattutto per chi come me non è tifosissimo, di essere la domenica pomeriggio a Milano o a Roma. Quando giocano le squadre di calcio ci sono città dove si incontra una pattuglia della polizia ogni mezz'ora, ogni tre quarti d'ora. Non è possibile che la domenica pomeriggio o la domenica sera la maggior parte delle forze dell'ordine nelle grandi città sia mobilitata dentro o nelle vicinanze dello stadio. Credo che lo schema giusto sia quello degli steward inglesi all'interno dello stadio, che devono essere ovviamente equiparati a pubblici ufficiali. Del resto, quando un tifoso tocca uno steward inglese viene arrestato immediatamente. Credo che questa sia la strada da percorrere.
Chiudo con una riflessione alla quale mi ha portato l'intervento di David Belli. Leggo anch'io di situazioni che spingono tifosi di calcio anche a gesti estremi e disperati, ma mi pare che la fede sia una cosa troppo seria per nutrirla nei confronti di una squadra di calcio. Grazie.

PAOLA FRASSINETTI. Sicuramente il discorso è articolato. Io conosco bene la realtà dello stadio, essendo iscritta al Milan club «Toghe rossonere», che ho fondato qualche anno fa. Alessandro Capitanio, dunque, era uno dei miei presidenti.
Innanzitutto esiste una differenziazione - me ne darete atto - tra il tifo organizzato dei clubs e il mondo ultras. Sono due realtà completamente diverse. Do atto che i clubs, soprattutto per le grandi squadre, contribuiscono a far sì che anche dai paesi più lontani ogni domenica ci siano intere famiglie che si recano allo stadio. Tutte le domeniche dal Veneto partono tantissimi pullman per Milano, pieni di persone che tornano in serata, dopo aver pranzato insieme e visto la partita. Quindi, ci sono ancora famiglie che vanno allo stadio.
Indubbiamente il calcio «spezzatino», cioè il fatto che ogni due giorni si giochi una partita, ha completamente stravolto questo mondo. Stasera c'è il campionato e non se n'è accorto quasi nessuno. Un ritorno romantico a tutte le partite alle 14,30 - neanche alle 15 -, come una volta, sarebbe auspicabile. Le nuove regole hanno distrutto la poesia del calcio e della

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domenica. In ossequio e per necessità televisive è stata completamente sovvertita l'abitudine degli italiani.
Ricordo mio padre, che la domenica sentiva «Tutto il calcio minuto per minuto» con la radiolina. Tutto si fermava. Veniva trasmesso un tempo di una partita alle 19 e nessuno voleva sapere il risultato finale, perché quel momento, anche comunitario, di tutta la nazione, era posto al centro della domenica. Purtroppo non è più così e difficilmente si potrà tornare a una situazione del genere.
La violenza negli stadi è sicuramente un problema, ma non è un problema nuovo. Mio nonno, grande tifoso del Genoa - sono genovese - mi raccontava che nel '900 quando Genoa e Bologna, le due squadre più forti dell'epoca, si incontravano succedevano disordini incredibili; addirittura alla stazione di Brignole sono volate pistolettate.
Si tratta, quindi, di un problema che ci portiamo dietro da tanti anni, non è soltanto un problema attuale. La violenza negli stadi esiste, ma sono d'accordo con il rappresentante dei tifosi viola quando dice che il mondo ultras non deve essere criminalizzato. Al contrario, bisogna cercare di capire che senza tifo il calcio morirebbe e che non tutti gli ultras sono dei criminali. L'anno scorso ho organizzato un convegno allo stadio di San Siro, insieme all'onorevole Cento, proprio dopo l'emanazione del decreto Pisanu, per cercare di parlare con le tifoserie di questo problema.
Indubbiamente la sicurezza - e qui concordo con Barbieri - all'interno degli stadi è un problema, tant'è che vengono mobilitate cospicue forze di polizia. Un problema che stride, secondo me, con la sicurezza reale. Noi sappiamo, infatti, che tra gli ultras esistono, quando c'è conflittualità, dei momenti di scontro, individuati anche localmente, e che la famiglia che va allo stadio non è assolutamente coinvolta. Ho portato per anni allo stadio il mio nipotino, non è mai successo nulla. Parlo dello stadio di San Siro, dove difficilmente i tifosi «normali» vengono coinvolti in attività violente, anche quanto esiste violenza.
La violenza e il pericolo si verificano al momento dell'arrivo e del ritorno degli ultras; ci sono aggressioni a volte anche fuori dalle stazioni, quindi il problema non è solo lo stadio, ma determinati luoghi di scontro.
La soluzione di questo problema è un ribaltamento completo del sistema calcio. È indubbio che, quando le società avevano la potestà di decidere sul destino dei giocatori, le cose andavano diversamente. Sicuramente occorrerebbero anche altri tipi di regole; comunque, una loro stabilità è sicuramente importante. Ha ragione il collega Barbieri quando dice che se gli arbitri effettuassero direzioni di gara più ponderate, si potrebbe evitare tanta violenza. Penso che quello che è successo domenica scorsa a Livorno sia di una gravità incredibile: se un giocatore può attraversare tutto il campo e tirare una testata a un altro giocatore che ha normalmente esultato dopo un goal, e non essere neppure espulso, allora siamo veramente all'eccesso. Non è mai opportuno partire dal caso specifico, ma quello che è successo a Livorno cambia la giurisprudenza. In pratica, non si può più neanche esultare. Né si può dire che l'esultanza del giocatore laziale sia stata sproporzionata. Nella partita precedente, a Firenze, Lucarelli aveva addirittura imitato il gesto di Toni dopo il goal, provocando ancora di più. Sto parlando dello stesso giocatore che due domeniche dopo, ha effettuato l'intervento che ho raccontato. Voglio dire che anche i giocatori in campo devono assumere atteggiamenti atti a non suscitare violenza.
Infine, occorre un passaggio giuridico, e qui chiedo l'attenzione del presidente Folena. Credo che la flagranza differita che mi sembra si applichi nei confronti degli ultras sia una disposizione che non viene applicata neanche ai mafiosi. Francamente rimango sconcertata nel vedere come determinate misure repressive vengano applicate molte volte su ragazzi, anche giovanissimi, incensurati.

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Non è questo il modo per risolvere il problema della violenza negli stadi: non con la flagranza differita, non con le diffide, ma sicuramente responsabilizzando le società, le quali sanno benissimo da dove partono i focolai di provocazione. È necessaria, quindi, una maggior collaborazione tra società e ultras, nonché una collaborazione anche dei club non ultras, che possono svolgere una funzione di mediazione tra le parti. Penso che questo sia il modo per cercare di risolvere il problema della violenza negli stadi.
Sulla sicurezza solo un breve passaggio, anche se ci sarebbe da aprire un discorso filosofico. Non sono nemmeno d'accordo che si debba andare all'aeroporto 4-5 ore prima della partenza. Ormai la nostra società è succube della sicurezza, che è diventata quasi una moda e attraversa tutti i settori, quindi anche lo stadio.
A San Siro stanno montando i tornelli, che sono sostanzialmente dei girelli. Succederà che il tifoso non potrà più andare con l'amico, che non ha trovato il biglietto nominale, quindi rinuncerà a passare una domenica in compagnia, come poteva succedere una volta, e dovrà stare per ore davanti allo stadio, passando attraverso queste forche caudine.
Penso che tanti siano gli aspetti da considerare, ma che le istituzioni si interessino di questo problema è veramente auspicabile e positivo.

PRESIDENTE. Grazie, collega Frassinetti, per la passione del suo intervento. Sulla flagranza differita trova in me un alleato sicuro, e così sul discorso della sicurezza nella società di oggi, che va al di là degli stadi. La collaborazione è possibile e molto interessante, se va avanti un ragionamento di questo tipo.

ANTONIO RUSCONI. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti nonostante la convocazione un po' infelice, visto che oggi è una giornata importante di campionato. Penso di poter comprendere la passione e l'impegno di gente che investe anche soldi di tasca propria per tener in piedi un club. Sono tifoso di una squadra qui rappresentata, che ha vinto l'ultimo scudetto nel 1969, quindi potete capire la mia posizione. Tifo per la Fiorentina: cosa strana per un lecchese, ma nel 1969 ero un ragazzino delle elementari e mi è rimasta nella memoria questa squadra. Ritengo che abbiamo vinto uno scudetto sul campo nel 1982, ma questo fa parte delle recriminazioni della vita.
Penso che quella di oggi sia un'immagine molto bella e importante, ma purtroppo non fa notizia. Come spesso accade al Parlamento, dove non fa notizia l'approvazione all'unanimità di leggi importanti, così accade che non faccia notizia che dei tifosi, in maniera responsabile e pacata, sollevino dei problemi. Penso, però, che debba essere accolta in senso positivo l'occasione di oggi: la Commissione cultura della Camera dei deputati ritiene - su un tema complicato come è l'oggetto dell'indagine conoscitiva sul calcio professionistico - di riconoscere i tifosi come attori protagonisti. Penso che questo sia un dato estremamente importante. Probabilmente dovremmo fare in modo che le buone azioni facciano più notizia.
Ero già a conoscenza di alcune iniziative umanitarie da parte dei clubs del Milan, che ringrazio. Devo ringraziare, altresì, l'Inter, perché da anni nel mio comune è promotore di iniziative per il sociale e per i missionari.
Il problema è riuscire a capire come restituire allo stadio e al pubblico un'immagine positiva del calcio che oggi non c'è. Premetto che non ho votato il decreto Pisanu, ma in questo momento sento di doverlo difendere, e con esso l'allora ministro Pisanu e l'allora sottosegretario Pescante, qui presente. Non votammo quel provvedimento perché sostenevamo che il suo limite fosse quello di essere stato emanato sull'onda dell'emergenza e dell'emotività. Devo aggiungere, però, che l'emergenza e l'emotività era legata a fatti gravissimi, che sono capitati negli stadi italiani, e non in maniera estemporanea, ma purtroppo in maniera diffusa.
Ritengo che si possa anche discutere sullo strumento - in questo caso il decreto Pisanu -, ma non possiamo dimenticare

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che, dall'altra parte, l'opinione pubblica chiede risposte concrete, soprattutto quando si parla di morti e di feriti gravi. Si tratta di capire come rispondere con uno strumento che forse in questa legislatura riusciremo ad approntare, mi auguro in maniera bipartisan: un progetto organico per il mondo del calcio che riguarda anche il tema della sicurezza.
È importante, naturalmente, individuare dei limiti. È evidente che se, attraverso i miei amici della Banca popolare di Milano, riesco a recuperare i biglietti per alcuni tifosi accaniti dell'Inter ed entro giovedì a mezzogiorno non riesco a fornire nome, cognome, indirizzo e numero di telefono, pur essendo io un garante rispetto alla banca, qualche problema si pone. Eppure questo avviene in una situazione in cui un parlamentare ottiene i biglietti attraverso un amico che fa parte del consiglio di amministrazione della Banca popolare di Milano. Se questo capita a me, probabilmente, per il semplice cittadino che non vuole problemi non è semplice trovare il biglietto per andare allo stadio.
Gli stadi si stanno svuotando, questo è vero. Tuttavia, ritengo che le famiglie non vadano più allo stadio non tanto e non solo a causa della televisione, ma perché il clima, che in parte vedono e che molto leggono - ci sono due livelli di conoscenza del fenomeno -, li distrae. Mi interessava molto ciò che diceva prima l'onorevole Frassinetti, ossia che molti dei guai successi riguardano gruppi di ultras contrapposti e lontani dallo stadio. Non che questo sia positivo - anzi -, ma sicuramente non ha a che fare con la sicurezza delle famiglie.
Quando parliamo di un progetto organico di investimento negli stadi italiani - se si terranno in Italia gli Europei 2012 dovremo fare una riflessione su questo; il collega Barbieri prima citava gli stadi inglesi -, vi invito a non vedere la questione solo sul piano della sicurezza. Allo stadio ci si può andare per mangiare la pizza o per cenare nel migliore ristorante della città; per trovare i gadget autentici della squadra e non quelli con la scritta evidentemente incollata la mattina prima; per trovare, soprattutto, il museo della propria squadra, dove vi sono la storia, la tradizione e soprattutto le immagini della propria squadra che non possono essere cancellate (non posso discutere con mio padre, che è nato nel 1927 ed è tifoso del Torino, perché capisco cosa ha rappresentato il grande Torino).
Mi scandalizzo meno della presenza delle forze dell'ordine negli stadi. Se a un concerto di Ligabue o di Vasco Rossi, dove ci sono 100 mila persone, ci sono tantissimi rappresentanti delle forze dell'ordine, per trasmettere un messaggio di sicurezza alle persone, è normale che alla partita Inter-Milan, dove ci sono magari 70-75 mila persone, ci sia una presenza di forze dell'ordine altrettanto massiccia. Il problema non è la presenza delle forze dell'ordine, ma quello che succede nonostante questa presenza. È chiaro che una partita può essere considerata entusiasmante - come capita a me -, ma qualcuno può considerarla una sciocchezza e preferire la Scala allo stadio. Qualcun altro, poi, può scegliere la Scala e Inter-Milan.

PAOLA FRASSINETTI. San Siro è la Scala del calcio...!

ANTONIO RUSCONI. Ho citato appositamente quella partita, per fare un parallelo con la Scala, altrimenti avrei detto Fiorentina-Juve.
Al responsabile del centro di coordinamento Toro club rispondo che non credo - questa è una mia valutazione personale, così come la sua - che la Juve abbia rinunciato così facilmente a due scudetti e alla Champions League pur di liberarsi di Moggi e di Giraudo. Devo però sottolineare due dati importanti. In primo luogo, bisognerà prevedere, sia per gli abbonamenti televisivi sia per gli abbonamenti del calcio, una specie di restituzione ai tifosi. Ne abbiamo parlato nell'incontro che si è svolto con l'associazione consumatori. Del resto, mi sembra normale prevedere una sorta di risarcimento nei confronti di una persona che fa dei sacrifici per comprare l'abbonamento o il biglietto tutte le domeniche,

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oppure per comprare l'abbonamento televisivo, e poi si accorge che c'era non un mariuolo - cosa che era avvenuta negli anni '80 con il calcio scommesse - ma un sistema che tendeva ad alterare l'esito delle partite. Insomma, ritengo che i primi ad essere risarciti dovrebbero essere i tifosi. Questo è un dato di giustizia, al di là dell'umiliazione, della delusione di tanti tifosi.
Un secondo dato che il signor Belli ha definito importante è che tutto il mondo del calcio - ma anche quello della politica - ha capito in ritardo gli effetti disastrosi della sentenza Bosman. So che su questo argomento mi attiro le ire di gran parte del mondo del calcio, ma oggi accade che per mantenere la proprietà dei calciatori e perché siano eventualmente cedibili l'anno successivo, si stipulano contratti a livelli altissimi di 3-4-5 anni a giocatori che, dopo 1-2 anni, si è costretti a vendere e per i quali la società cedente deve continuare a pagare l'ingaggio. Come potete capire, questo è un sistema che non funziona - basti pensare che Davids, oggi al Tottenham, è pagato ancora per il 50 per cento dall'Inter - perché giustamente tutela i giocatori, ma d'altra parte non dà patrimonio alle società. Così non si può andare avanti.
Ringrazio in particolare i tifosi del Chievo, perché la loro è come una di quelle favole sentimentali che si spera non finiscano mai.

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Ringrazio il presidente e tutti i rappresentanti delle tifoserie per questa occasione, che mi auguro si possa ripetere anche con i rappresentanti di altre squadre.
Comincerei da una riflessione della deputata Frassinetti, che ricordava la violenza negli stadi raccontatale dal nonno. Ebbene, io andrò ancora più indietro nel tempo: nel 59 d.C., in una famosa partita, nella Pompei antica si scontrarono i tifosi di Pompei e di Nocera. Come racconta Tacito negli Annali, si cominciò con gli insulti, poi si lanciarono i sassi, quindi si estrassero i coltelli e alla fine della partita sembrava che fosse finita una guerra, perché si contavano morti e feriti. A quell'epoca - spero solo allora - si faceva una strumentalizzazione politica della violenza. Al potere servivano i violenti, servivano il calcio e lo sport come arma di distrazione di massa. Quando il popolo era alla fame - magari perché c'erano state troppe guerre - il potere usava le partite per distrarre la gente dai problemi e anche la violenza serviva a questo. Si parlava, allora, di «pane e circo».
Io sono assolutamente convinta che la criminalizzazione delle tifoserie non serva assolutamente a nulla; anzi, in generale sono contraria alle criminalizzazioni. È sempre stupido e inutile criminalizzare una massa di persone per fatti di violenza provocati da un'esigua minoranza, che probabilmente con lo sport non ha nulla a che vedere. Estendo la mia contrarietà alla criminalizzazione anche nei confronti di quelli che qualcuno chiama extracomunitari, ma che io preferisco chiamare «migranti». La filosofia è la stessa: non si può criminalizzare una categoria di persone solo perché alcune commettono dei reati o fatti di violenza. Io guardo più ai comportamenti che non alle cosiddette «categorie» delle persone, sempre.
A mio parere, sarebbe stato utile che anche la politica avesse ascoltato di più i tifosi, perché credo che alcune volte essi siano il barometro della situazione e possano servire per farci capire che cosa sta veramente succedendo. Penso che «calciopoli» sarebbe stata meno una sorpresa se si fossero letti alcuni striscioni, alcune sollecitazioni che venivano dalla tifoseria. Invece, cosa è successo? Innanzitutto che i tifosi si sono sentiti presi in giro. Del resto, non deve essere piacevole, dopo aver speso soldi e viaggiato su pullman non sempre nelle migliori condizioni, scoprire che le partite non cominciano 0-0. Credo che questa, per persone per le quali si è parlato di malattia, o di fede, sia la più grande offesa che possa essere arrecata.
Come se non bastasse, la politica ritiene che per reagire a questa delusione, che può sfociare anche nella violenza, l'unica arma da contrapporre sia quella della

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militarizzazione degli stadi. Credo che su questo dovremo tutti riflettere. Non sono d'accordo sull'idea che, per calmare gli spiriti, bisogna che i tifosi entrino negli stadi tre o quattro ore prima, né condivido l'idea del biglietto nominativo, che magari assegna posti lontani ai membri di una stessa famiglia. Devo dire che, anche visivamente, la presenza massiccia di forze dell'ordine fa pensare a un colpo di Stato ogni volta che c'è una partita, creando una tensione che, secondo me, serve talvolta ad aumentare la rabbia dei tifosi. Peraltro, i tifosi arrivano già arrabbiati negli stadi, dopo tutto quello che devono subire prima di entrare e sedersi.
Sicuramente c'è stata buona fede nel decreto Pisanu, tanto più che c'erano stati degli episodi di violenza. Tuttavia, come spesso accade, credo che l'emotività e l'urgenza di dare un segnale a volte portino ad esagerare nel creare un clima di repressione.
Ovviamente io non voglio beatificare i tifosi, come non li criminalizzo. Come ho detto prima, ci sono delle teste calde tra loro, ma credo che l'idea della responsabilizzazione dei presidenti dei clubs e di fare modo che ci sia maggiore contatto tra gli ultras e i clubs possa servire a stemperare questo clima di violenza.
Si è poi parlato degli stadi che si svuotano. Sicuramente una parte del problema riguarda la televisione, perché tante persone rinunciano a vedere la partita allo stadio - considerate tutte le difficoltà - e preferiscono vederla comodamente seduti a casa, acquistando una carta Mediaset premium o attraverso Sky. Peraltro, i mass media tendono sempre ad esagerare - del resto, lo fanno anche con noi - e diffondono notizie che fanno ritenere che si tratti di andare in guerra, anziché allo stadio, così la gente rinuncia per non correre rischi.
Lo svuotamento degli stadi non è solo responsabilità della televisione. Lo stesso problema, del resto, ha riguardato anche i teatri. La gente ha nel Dna una grande voglia di spettacolarità, e il calcio è uno spettacolo. Non è un caso che la legge n. 366 del 14 giugno del 1973 abbia esteso ai calciatori e agli allenatori di calcio la previdenza dei lavoratori dello spettacolo, l'ENPALS. Il calcio, come dicevo, è uno spettacolo. In questa Commissione ci occupiamo di calcio e di spettacolo. Tuttavia, tornando all'esempio dei teatri ed estremizzandolo, immaginate che, dopo i fischi alla Scala, si stabilisca che per andare a teatro si debba prenotare in anticipo, lasciare nome e cognome, arrivare tre ore prima. Non credo che questo possa incentivare la gente a tornare nei teatri. Ritengo che siano necessarie soluzioni alternative.
Da questo punto di vista, ritengo che la legge che ci apprestiamo a votare sulla contrattazione collettiva dei diritti televisivi del calcio potrà contribuire a far sentire i tifosi tutti uguali. Non ci saranno squadre trattate da Cenerentole, in un campionato, ma verrà destinata una quota equa di diritti televisivi a tutte le squadre, senza che ci siano squadre big e squadre provinciali. Ritengo che questo sarebbe un segnale molto importante, come credo lo sia rivedere - e noi abbiamo promesso di farlo - il sistema delle quotazioni in Borsa delle squadre calcistiche. Bisogna fare in modo che la sconfitta di una squadra venga vissuta più come un dolore del tifoso, che come una perdita economica. È evidente che la corruzione scatena la delusione dei tifosi; effetti ancora più deleteri hanno quei titoli, che poi si rivelano falsi, che annunciano l'acquisto di calciatori.
Mi auguro che i provvedimenti che ci apprestiamo a varare abbiano l'effetto di stemperare gli animi, di ridare al calcio la poesia che ha perduto e, soprattutto, di rispettare il vero tifo, che è un sentimento nobile.

INES TABUSSO