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CORRIERE DELLA SERA
17 AGOSTO 2005


ROMA - Silvio Berlusconi ha annunciato di aver «ultimato» il testo del disegno
di legge che intende introdurre un severo giro di vite sulle intercettazioni
telefoniche. Il provvedimento deve essere perfezionato ma, confermano i collaboratori
del premier, segue quattro linee guida che mettono in discussione il Capo
IV del Codice di procedura penale, dall?articolo 266 al 271.

IL TESTO - Uno. Asticella più alta per il giudice che deve autorizzare le
intercettazioni dei cosiddetti «colletti bianchi»: oggi il Gip può farlo
per i delitti contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della
reclusione non inferiore nel massimo ai cinque anni mentre in futuro il tetto
sarà più alto. E basta un solo anno in più (da 5 a 6) per cassare dalla lista
la corruzione semplice, fermo restando che le esclusioni non riguardano le
inchieste di mafia e terrorismo. Invece, se il tetto sarà innalzato di due
anni non verranno più intercettati i sospettati di usura. Due: divieto di
intercettare direttamente i terzi che non sono sospettati di aver commesso
reati ma che hanno solo rapporti abituali con gli indagati. Tre: divieto
di utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti diversi da quello
per il quale sono state autorizzate. Quattro: pene detentive e interdittive
severe per i magistrati, gli ufficiali di polizia giudiziaria i cancellieri,
gli avvocati e i giornalisti che divulgano e fanno pubblicare le intercettazioni
e gli atti processuali anche se già sono stati depositati.
Sono questi i cardini del testo sul quale si sta applicando il presidente
del Consiglio Berlusconi: «Ho ultimato il ddl che presenterò al primo Consiglio
dei ministri per il divieto di intercettazioni telefoniche salvo che per
le indagini di mafia e terrorismo», ha annunciato il premier durante una
delle sue passeggiate a Porto Rotondo. Il Cavaliere ha anche spiegato qual
è il prezzo sociale che la Cdl è disposta a pagare pur di tutelare questo
diritto fondamentale alla privacy: «Credo che tutti preferiscano avere in
circolazione tre truffatori, o anche un omicida, piuttosto che sentirci tutti
prigionieri del Grande fratello che ci sorveglia e ci può ricattare».
Nel centrosinistra le reazioni sono tiepide. Luciano Violante (Ds) osserva:
«Quelle che bisogna evitare è la divulgazione delle intercettazioni telefoniche
sino a quando non c?è un dibattimento pubblico». Sulla linea del capogruppo
ds si attesta anche il professor Giuseppe Frigo, difensore del finanziere
bresciano Emilio Gnutti: «Non restringere eccessivamente le intercettazioni
telefoniche in relazione al novero dei reati per cui possono essere disposte»
perché sarebbe meglio «impedire di renderle pubbliche con una disciplina
rigorosa fino al dibattimento». Invece il portavoce dei Verdi Pecoraro Scanio
rompe il fronte della prudenza: «Berlusconi vuole solo garantire l?impunità
per i malfattori e impedire inchieste scomode per molti reati gravissimi».
Aggiunge Franco Ippolito, presidente di Magistratura democratica: «La proposta
del presidente del Consiglio rischia di costituire un ulteriore ostacolo
all?accertamento dei reati commessi da imprenditori, amministratori, politici,
professionisti». Nel ddl Berlusconi, infatti, potrebbe esserci una norma
transitoria: «La presente legge si applica anche ai processi in corso».


DEPUTATI - Adesso, dopo l?ennesimo intervento del presidente della Camera
che ha parlato di «barbara divulgazione di colloqui privati anche di carattere
famigliare sulle pagine dei giornali», il presidente del Tribunale di Milano
ha risposto con una lettera a Pier Ferdinando Casini. La domanda era: nelle
inchieste Bpl-Antonveneta e in quella Unipol-Bnl, sono state intercettate
utenze in uso a deputati? Scrive dunque il presidente Vittorio Cardaci: «Dagli
atti depositati dalla procura relativi al procedimento numero 19195 non risulta
che alcuna delle conversazioni telefoniche intercettate sia riferibile a
persone identificabili come deputati della Repubblica». E le intercettazioni
indirette? «È da escludere che siano state acquisite agli atti trascrizioni
di conversazioni intercettate a carico di terzi non parlamentari cui abbiano
preso occasionalmente parte membri della suddetta Camera. Risultano, comunque,
numerose conversazioni coperte da omissis delle quali, ovviamente, questo
ufficio sconosce contenuto e provenienza».
Dino Martirano



DALLA QUERCIA
Calvi: nuove regole Pronti al confronto sulla tutela dei diritti
Bene se si vuole regolamentare la gestione del materiale raccolto. Ci possono
essere abusi, col rischio di distruggere l?immagine delle persone
ROMA - Quello delle intercettazioni è un problema che «deve assolutamente
essere affrontato perché i cittadini non possono essere lasciati in balia
di un?intercettazione occasionale per poi essere denigrati per battute o
fatti assolutamente privi di rilevanza processuale», dice l?avvocato Guido
Calvi, senatore Ds, e primo firmatario di una proposta di legge in materia
presentata nel 2001. «Se il disegno di legge annunciato da Berlusconi si
muove nella direzione di regolamentare la gestione delle intercettazioni,
ben venga. Se invece volesse limitare le stesse, allora no». La proposta
dei Ds, ricorda Calvi, ricalca quella «già presentata nella precedente legislatura
dal senatore Salvatore Senese». «Oggi - spiega l?avvocato - c?è un vuoto
normativo. La possibilità di intercettare è regolata minuziosamente. E fin
qui tutto bene. Anzi, guai a toccare questa parte. Il problema viene dopo»,
cioè sulla gestione delle intercettazioni. «Qui non ci sono più regole. L?indagato
e i terzi sono privi di tutte le garanzie circa la riservatezza dei brani
che non sono utilizzabili nel processo», tipo lo scambio di affettuosità
tra Stefano Ricucci e la moglie Anna Falchi. Berlusconi si è indignato per
questo. Calvi concorda: «Ci possono essere abusi, col rischio di distruggere
famiglie o l?immagine di persone». Che fare? Secondo Calvi, le intercettazioni
vanno sottoposte a un doppio filtro, del pm e del gip, per selezionare solo
quelle rilevanti ai fini processuali. Tutto il resto va messo in cassaforte
sotto la responsabilità dello stesso pm. «In questo modo si impedirebbe la
pubblicazione di intercettazioni che violano la privacy». Ha fatto bene allora
Berlusconi a prendere l?iniziativa? «Se si muoverà lungo le direttrici indicate
sopra, troverà una convergenza in Parlamento anche da parte dei Ds. Se invece
punterà a limitare le intercettazioni, sarebbe un fatto gravissimo, l?ultima
"legge vergogna". Limitarle per esempio ai soli rati associativi renderebbe
le indagini sulla corruzione prive di uno strumento fondamentale».
Enrico Marro





DA AN
Pedrizzi: serve cautela Assassini e truffatori devono stare in carcere
Il problema non è fare o non fare intercettazioni: se sono necessarie facciamole,
ma che siano utilizzate solo nell?ambito del processo penale
ROMA - «Io voglio che truffatori e omicidi stiano in galera». Al senatore
Riccardo Pedrizzi, presidente della Consulta etico religiosa di An, interessa
soprattutto una cosa: che i criminali siano perseguiti, anche attraverso
le intercettazioni telefoniche, e che scontino la pena. Teme però che questi
strumenti di indagine possano essere depotenziati perché ne è stato fatto
un uso improprio attraverso le frequenti fughe di notizie. Per Pedrizzi,
insomma, occorre continuare a fare le intercettazioni perché in questo modo
si assicurano alla giustizia i criminali e, da un punto di vista tecnico,
non vanno apportati cambiamenti alle norme che regolano questa materia. Ciò
che invece deve assolutamente finire è l?uso improprio che se ne fa con la
divulgazione delle conversazioni sulla stampa prima del dibattimento. E qui
Pedrizzi, che non nasconde affatto la sua inclinazione giustizialista, attacca
i magistrati in cerca di pubblicità a buon mercato. «Io una proposta ce l?avrei
- dice Riccardo Pedrizzi - ed è quella di sottrarre l?indagine al magistrato
che consente la fuga di notizie. Si vuol fare pubblicità? Allora gli tolgano
l?indagine». «Credo che questa sia l?unica forma di dissuasione che abbiano
a disposizione - continua l?esponente di An - per garantire la privacy di
chi non è coinvolto in un procedimento. Il problema, infatti, non è fare
oppure non fare intercettazioni: se sono necessaria facciamole, ma che siano
utilizzate nell?ambito del processo penale e non fuori come è successo in
questo mese. Oggi nessuno parla più per telefono perché pensa di essere ascoltato.
Abbiamo letto sui giornali pezzi di conversazione riguardanti i rapporti
familiari, persino l?ambito familiare. Il problema esiste».
All?origine del sentimento di rivolta contro il «grande fratello» c?è, secondo
Pedrizzi, l?abitudine di far circolare i contenuti delle intercettazioni
prima che il processo diventi pubblico. «Così - conclude - insieme all?acqua
sporca si butta via anche il bambino».
Giulio Benedetti




INES TABUSSO