Prima lettura
Dagli Atti degli Apostoli
Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.
Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.
Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.
Seconda lettura
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù.
Rapito in estasi, nel giorno del Signore, udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alla sette Chiese.
Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri d’oro e in mezzo ai candelabri c’era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro.
Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la destra, mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che accadranno dopo.
Vangelo
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”.
Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Dalla persecuzione alla testimonianza
Spaventati e chiusi
I discepoli sono chiusi in casa per timore dei Giudei: così l'evangelista ce li presenta, prima dell'arrivo del Risorto. Un gruppo impaurito, spaventato, chiuso. Ad essi il Risorto si presenta, mostrando le sue piaghe, e salutandoli con un saluto di pace. E' una strana pace quella che proviene da un uomo piagato, che porta i segni della sua sofferenza, a un gruppuscolo timoroso della persecuzione. Ma abbiamo già avuto modo di notarlo: il Risorto rovescia completamente le realtà con cui viene a contatto. La persecuzione latente viene trasformata in occasione di testimonianza: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".
Il rovesciamento
Si ripete dunque ciò che era già avvenuto in quello stesso cenacolo, in occasione dell'Ultima Cena: la morte violenta ormai imminente era divenuta dono d'amore. L'umile servizio del lavare i piedi era divenuto occasione per affermare l'autentica natura del Regno che Gesù veniva a portare. Il tradimento e il rinnegamento diventano l'occasione per riaffermare l'amore esclusivo ed esigente di Gesù, che non si ferma neppure davanti al rifiuto. La morte violenta diventa il momento in cui risplende il perdono di Dio. "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi": la Risurrezione chiama i discepoli a ripetere ciò che era stato fatto dal Signore e Maestro, nell'ora più decisiva della sua vita.
Un gesto creativo
Più precisamente, il "fare quello che ha fatto Gesù" viene precisato come incarico di perdono: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Forse ci aspetteremmo un invito a fare il bene. O un invito all'amore. O un qualcosa di più concreto e più positivo del "perdonare". Ma tale è il mandato del Risorto: e non sta a noi cambiarlo o contestarlo, ma capirlo in profondità. Rimettere i peccati è gesto creativo, di risurrezione, è immettere novità e sorpresa dove c'era solo morte e abitudine. La Chiesa, nata dal Risorto, non può aver paura di nessun problema, ma riceve forza dallo Spirito per assumere, rovesciare e trasformare qualunque situazione avversa. Non è un compito facile, e lo stanno a testimoniare le piaghe che rendono riconoscibile il Risorto. Gesù ha vinto il peccato caricandoselo sulle spalle. La Chiesa mantovana oggi saprà fare altrettanto?
Flash sulla I lettura
"Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli": la crescita della comunità di Gerusalemme, descritta da Luca nei primi capitoli degli Atti, non è dovuta a una capacità organizzativa, ad una forza economica, ad una ricerca intellettuale e culturale. La comunità ha una forza di attrazione che deriva dalla potenza del Risorto, e che si manifesta con i segni e i prodigi.
"Erano soliti stare insieme nel portico di Salomone": è da annotare che esiste un luogo di ritrovo e una comunità ben precisa ed identificabile degli apostoli, a cui "nessuno osa associarsi": la presenza del Signore, che opera miracoli attraverso i suoi discepoli, esige per manifestarsi un gruppo riconoscibile e identificabile, che si ritrova per la preghiera.
"Andava aumentando il numero": l'aumento numerico non è un criterio assoluto, ma in certi casi può essere un segnale che effettivamente il Signore agisce nei cuori, e che la comunità è aperta all'iniziativa dello Spirito. La Chiesa non può mai limitarsi alla pura conservazione dell'esistente, e questo sia in senso quantitativo, sia in senso qualitativo.
"La folla accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi...": troppo frettolosamente siamo tentati di liquidare questa ricerca come superficiale e miracolistica, e troppo facilmente siamo tentati di associarla a gruppi e fenomeni del nostro tempo, che scambiano ricerca di fede e ricerca del prodigioso. Per la primitiva comunità, l'interesse per i malati è innanzitutto fedeltà al mandato di Cristo, ripetere ciò che aveva fatto il Maestro. E, lo ripetiamo: come per Gesù, così anche per la Chiesa del mondo antico, occuparsi dei poveri, degli indemoniati, equivale ad occuparsi dei rifiuti della società, di coloro di cui nessuno si vuole occupare. Questo è quello che oggi molte comunità cristiane fanno, senza miracolismi, ma compiendo autentici miracoli di amore. Ma lo fanno anche le nostre parrocchie? Sappiamo vedere i piccoli e i poveri che chiedono a noi di rendere presente oggi la potenza del Risorto? E sappiamo riunirci insieme, come gli apostoli, per invocare ed essere segno visibile della sua forza?
Flash sulla II lettura
"Vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione": Giovanni si presenta innanzitutto come uno che sta soffrendo per il Vangelo, per il "regno e la costanza in Gesù". Da questo contesto di fede impegnativa e ostacolata nasce il libro dell'Apocalisse.
"Rapito in estasi nel Giorno del Signore": la Domenica è presentata qui come il giorno in cui l'evangelista riceve consolazione e conforto, per sé e per le comunità: "quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese". Non si tratta dunque di una rivelazione privata ed elitaria, ma di una manifestazione della volontà di Dio, collocata in un ambito liturgico, e che giova all'edificazione di tutta la Chiesa.
"Io sono il Primo, e l'Ultimo e il Vivente": è il Risorto che parla, che continua ad assistere la sua Chiesa, con la sua presenza viva e operante nella storia.
"Scrivi dunque le cose che hai visto...": scrivere un libro significa chiudere, sigillare la rivelazione, che acquista così un carattere definitivo e non superabile. Il riferimento privilegiato è al libro, a ciò che è già stato detto e a ciò che è già stato scritto. Questo testo è molto significativo in un'epoca in cui molti vanno in cerca di segni miracolosi, apparizioni, visioni... che in realtà, al di là di qualche somiglianza di facciata, hanno un carattere molto dieverso dall'esperienza evocata dall'autore dell'Apocalisse. Ciò di cui abbiamo bisogno non sono nuove visioni, ma è una rinnovata capacità di leggere la storia, con l'aiuto del Libro per eccellenza, da leggere e meditare quotidianamente.
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Abbiamo visto il Signore
Mons. Antonio Riboldi
Quello che colpisce tutti, credo, è il pessimismo dilagante, che si nota nelle parole e sul volto di troppi, anche tra noi cristiani, come se Cristo, nostra Gioia e Speranza, non fosse mai risorto, ma fosse rimasto sempre là, immobile e senza vita, nel sepolcro.
E vicino al pessimismo si respira tanta paura, di cui non si sa nemmeno spiegare le ragioni.
Una paura che mette addosso tanta, ma tanta, insicurezza in quanto facciamo e viviamo.
Pare che tutte le speranze che, nel tempo, ci eravamo costruite, lentamente si sciolgano come neve al sole. Ed abbiamo ragione, perché di nulla possiamo essere certi qui sulla terra.
Successe lo stesso agli apostoli, dopo la crocifissione del Maestro, che era la sola loro speranza. Scelti, lo avevano seguito senza opporre resistenza e senza neppure sapere, all'inizio, a cosa erano destinati: essere apostoli, ossia quelli che dopo la Pasqua, avrebbero avuto il meraviglioso ed impegnativo compito di dare al mondo la vera speranza, che è Cristo Risorto, vera Luce del mondo. E la daranno, con la passione che sa infondere lo Spirito Santo a quelli che Lo accolgono e Lo seguono.
Ma, subito dopo la crocifissione, gli apostoli, ancora 'poveri uomini', anche se fedeli al Maestro, erano stati presi dalla paura e si erano nascosti, delusi, anche se, forse, con nel cuore un'ansia, 'un sentire che non poteva finire tutto così'. Gesù non era e non è uno che ti lascia per strada, abbandonandoti al tuo destino. Se ti chiama e tu lo segui, Lui non ti lascia mai. In chi davvero Lo segue, a volte pare che scompaia, dandoti l'impressione di avere riposto il tuo amore nel 'nulla'. Ma se c'è una meraviglia, che è dono di Dio stesso ed è la sua stessa natura, è proprio l'amore. E l'amore negli apostoli era davvero grande. Gesù lo aveva coltivato per tre anni, sapendo di deporlo in cuori generosi.
Come capita a tutti quelli, come noi, che seguono Gesù: a volte rimaniamo come sorpresi dalla Sua apparente assenza nelle nostre difficoltà, che sono il buio della vita.
Ed è tanto, oggi, il 'buio', ma, diceva il Santo Padre, tempo fa: "E' più utile in questi casi, accendere un cerino, che maledire il buio".
A farci entrare nel mondo della speranza, che sa superare i momenti di buio, ci viene incontro il Vangelo di oggi: "La sera dello stesso giorno - racconta l'evangelista Giovanni - il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri apostoli: Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò.
Otto giorni dopo (come oggi), i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani: stendi la tua mano e mettila nel mio costato, e non essere più incredulo, ma credente! Rispose Tommaso: Mio Signore e mio Dio! Gesù rispose: Perché mi hai visto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto, crederanno" (Gv 20, 19-31).
Possiamo facilmente immaginare lo stupore di vedersi di fronte Colui che amavano tanto e di cui avevano accolto l'invito a seguirLo, quando erano stati scelti e chiamati...senza nemmeno sapere ancora Chi fosse veramente e, soprattutto, 'dove' li avrebbe portati, cosa avrebbe riservato per loro e a che cosa li avrebbe destinati!
VederseLo lì davanti, Glorioso, Lui, che credevano sepolto per sempre, come tocca a noi uomini, certamente deve averli sconvolti: "Pace a voi!"
Quell'irrompere improvvisamente nella loro vita, Risorto, ha 'cambiato' la loro esistenza! Niente era più come prima! Gesù li portava in 'un altro mondo', dove la morte non ha più posto: c'è posto solo per la Gioia, la Vita.
Viene da chiederci se anche per noi la Pasqua, cioè l'inaspettato e atteso Dio che riappare nella nostra vita per dirci: "Pace a voi!", è sorpresa e gioia.
"Non pochi cristiani - affermava Paolo VI - hanno della religione concetti imprecisi: forse pensano della fede ciò che decisamente non è, ossia offesa al pensiero, catena al progresso, umiliazione dell'uomo, tristezza della vita. Della luce pasquale noi vogliamo cogliere un raggio per tutti (come fu per gli Apostoli): per tutti quelli che lo vogliono ricevere, come dono, come segno almeno della nostra dilezione. Cristo risorto è il raggio primo della Pasqua, cioè della vita risorta in Cristo e in noi che vogliano essere cristiani. Ed è la Gioia. Il cristianesimo è gioia. La fede è gioia. La Grazia è gioia. Ricordate questo, o uomini, o amici, Cristo è la vera Gioia del mondo. La vita cristiana, sì, è austera, conosce la rinuncia e il dolore, fa proprio il sacrificio, accetta la croce, e quando occorre affronta la sofferenza. Ma nella sua espressione è sempre 'beatitudine': Gioia" (28 marzo 1964).
Ma... c'è sempre un 'ma', che oscura la nostra fede che cerca, quando le cerca, certezze che non appartengono a Dio, ma al nostro modo di cercare qui.
Occorre cercare secondo lo stile di Dio che si presenta, attraversando le 'pareti' della nostra debolezza, e si manifesta dicendoci: 'Pace a voi!'.
È quella esperienza di fede che accompagna la vita dei santi, di coloro che davvero 'sono' cristiani, più che 'dirsi' cristiani.
Dio conosce la nostra innata debolezza a riconoscerLo... come fu per Tommaso, che voleva 'segni chiari': "Se non metto il dito nelle sue mani, la mano nel suo costato, non credo!". Appartiene proprio alla nostra natura umana questa debolezza e Dio la conosce bene. E allora Lui fa il primo passo verso di noi. Sempre che in noi, come negli Apostoli, ci sia almeno una ricerca, una voglia di seguirLo, un vago desiderio di vederLo e quindi di stare con Lui.
Viviamo un tempo di tale consumismo, che lascia poco posto al desiderio del divino... come se fossimo ben 'sepolti' alla gioia, preferendo il buio delle creature senza vita, quando non sono il veleno della vita e della gioia!
Una mamma mi confidava, un giorno, il suo immenso dolore: "Ho due figli che ho cresciuto nella fede, quella vera. Sembrava che avessero trovato la vera via della vita in Cristo, nella Chiesa. Eravamo felici, come 'pasque'. Poi il mondo li ha come inghiottiti e sembra dia fastidio anche solo essere cristiani. Come se tra loro e Dio fosse sceso un muro insuperabile. Non interessa più la gioia del Risorto: cercano disperatamente la gioia in altro, che nulla ha di Dio. A volte, a sera, nei momenti di silenzio, senza che loro si accorgano, guardando i loro occhi, vedo come una tristezza da 'sepolti alla gioia'. Come vorrei che quella pietra, che li tiene sepolti, fosse rimossa e così tornassero a godere della vera gioia che è Cristo!".
Certamente non è cosa da poco saper accogliere Cristo, che cerca in tutti i modi di 'apparire a noi'. A volte, Lo fa', straordinariamente, con coloro, tanti, che, come Tommaso, sono convinti di non riuscire a ritrovare la Sua strada: Lo credono 'sepolto'! Ma Lui li sorprende...viene, toglie la pericolosa 'nube' che lo nascondeva, come non ci fosse, Lo 'vedono'... Lui c'è! Ne conosco tanti.
Ma è altrettanto miracoloso e vero quello che Gesù afferma, contraddicendo la posizione di Tommaso: 'Se non vedo, non credo!'.
"Tommaso tu hai creduto perché hai visto: beati quelli che pur non avendo visto, crederanno!".
E tutti questi 'beati' sanno molto bene che nella Resurrezione di Gesù, non c'è solo una conferma della loro fede, ma vi è qualcosa di infinitamente più grande: l'aver ritrovato 'la vera Via, Verità e Vita'. Quella Via che non porta ad una negazione del domani, che è la nostra resurrezione con Cristo, ma dà senso di futuro anche al presente! Vivere è così avere un piede su questa esperienza terrena ed un piede nell'eternità. E vivere con gli occhi fissi al Paradiso, credetemi, è il motivo della Gioia che è in tanti, che sono con noi e tra di noi. È quello che prego per tutti voi, miei amici, sempre.