Vampiri..racconti

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BeatAurora
00giovedì 15 dicembre 2005 19:11
Tutto rigorosamente preso dal web..

La luce nella pazzia



Rammento ancora nitidamente gli attimi nei quali lei divenne mia; ricordo con meticolosa attenzione quegli stremanti momenti in cui la sua fragilità scomparve nell’oblio della maledizione che le gettai. Era una dolce, candida bambina, la notte che la scelsi; la sua voce mi colpì, come le struggenti note di un’arpa incantata, le sue parole deliziarono il mio udito e la lucentezza del suo sorriso mi abbagliò con una luce tale, che temetti di svenire, se l’avessi guardata troppo a lungo. Pochi istanti, poche dolci e lineari parole uscite dalle sue soffici labbra, e io mi innamorai di lei. Carmilla, il suo nome ondeggiava nell’aria come una lenta melodia. Possibile che questa dolce ragazza, impersoni il mostro di una vecchia storia? Mi chiesi, udendo la composizione di lettere, chiamata nome. Ma lei era diversa. La malizia dei suoi occhi castani, contrastava con il pallore del suo volto, interrotto dall’ingenue rossore delle sue gote. Un immagine che rimarrà impressa nella mia mente per sempre. La avvicinai, incuriosito dal suo comportamento e dalla solitudine che la circondava, isolata dagli altri, lontano dal faro della luce elettrica, si era rifugiata in un covo fatto di magia e oscurità. Udii i suoi pensieri appena le passai accanto, le frasi del libro che leggeva scorrevano celermente nella sua testa, formando immagini nitide e straordinariamente perfette. Mi innamorai subito. Mi avvicinai soltanto per parlarle e non mi sarei mai immaginato che lasciarla, per me, sarebbe stato tanto arduo. Iniziai a parlarle e mi deliziai della sua conversazione e della sua compagnia. Il tempo passava e il viale divenne sempre più vuoto. Come un furtivo raggio di sole in una tempesta, l’idea di essere rimasto solo con lei mi penetrò la mente e la sete di morte che era in me, iniziò a crescere inesorabile e perpetua. Tentai di fuggire, ma udii i suoi ingenui pensieri invocare il mio nome. “Un solo bacio”, pensai e le accarezzai i capelli con le mie affusolate dita. Posi le mie labbra sul suo esile collo e trafissi la sua tenera carne con i miei canini. Ma non appena il dolce nettare delle sue vene toccò le mie labbra, l’euforia mi pervase e l’innocente bacio di addio che le diedi, fu il crudele bacio della morte che la legò a me per sempre. Il mielato flutto scorreva nella mia bocca, appagando il mio animo. Sentivo le sue fragili membra agitarsi sotto la mia morsa, avrei potuto stritolarla, ma non riuscivo a staccarmi dal travolgente ritmo del suo cuore e il dolce sapore del suo sangue. Quando la lasciai andare, era troppo tardi. Mi resi conto che l’unica cosa che potevo fare per salvarla, era tramutarla in ciò che sono ed ero: un vampiro. Sarebbe stata la mia compagnia per l’eternità.
Da lì passarono cinquanta anni, nei quali, io e lei, vivemmo come due innamorati. Imparò in fretta ad uccidere e tutte le piccole sfaccettature dei nuovi poteri che le avevo trasmesso. Ma accecato dall’amore, non mi resi conto dell’odio che lei serbava per me, di quella sottile vena di amarezza che c’era nei suoi baci. Quattro mesi prima della stesura di questa lettera, iniziò a progettare la mia morte. Mi domandò tutto ciò che le avevo nascosto sulla sua natura e sulla nostra specie ed iniziò a chiudermi la sua mente durante i nostri discorsi. Trascorremmo poche settimane nella fallacità di questo piano e, non appena lei si accorse dei miei sospetti, smise di domandare, di parlare liberamente, di essere la mia compagna. Spesso quando giacevo nel mio sarcofago udivo i suoi leggiadri passi accanto alla mia bara, sentivo la sua aura intorno a me. Stava le ore ad osservarmi, convinta della mia incoscienza. E spesso io ricambiavo il gesto. Stavo le ore a guardarla, attendendo che la luce del sole mi scalfisse la pelle per destarmi dall’incanto che quella salma sprigionava. Ma lei continuava ad odiarmi e, più il suo dio cresceva, più il mio amore aumentava. La mattina prima della sua vendetta, sognò la mia morte. Nitida e precisa vidi i momenti della mia distruzione, sentii le mie urla di dolore e le risate del mostro che avevo creato. La notte dopo mi invitò ad andare a caccia con lei, l’ultimo desiderio di un condannato. Feci finta di non essere a conoscenza del suo piano. Finsi quando cacciammo, finsi quando parlammo, finsi quando lei mi rinchiuse nella stanza nella quale sarei dovuto ardere. Ricordo con spaventosa precisione ogni particolare di quella notte, ogni minimio pigmento del legno sulle pareti della stanza. Le finestre erano sbarrate e senza nulla che non permettesse alla luce di ardermi. Poco prima del sorgere del sole, lei mi rinchiuse. Sperai fino a che il sole non mi bruciò gli occhi, che lei cambiasse idea. L’avrei perdonata. Ma non fu così, sentii la sua eccitazione da dietro la porta. Lei era rimasta li, per sentirmi urlare, per avverare la profezia del suo sogno. Io urlai, è vero, ma non arsi come lei desiderava. Storsi le sbarre alla finestra ed uscii dalla pira funebre che mi era stata allestita. Mi nascosi nel varco sottostante alla finestra che avevo preparato. Lì, protetto dalla luce, ristorato dall’oscurità e dal gelo della tenebra, iniziai a piangere e così feci per molti giorni, forse mesi. Piansi fino a ridurmi un essere vuoto e privo della sua anima. Tradito dall’unica persona che avevo amato, la mia disperazione cresceva e , crescendo si tramutava in rancore, in vendetta. Pensai di ucciderla, ma l’amavo ancora troppo per farlo. Ciò, però mi diede la forza per uscire dal mio rifugio e affrontare di nuovo il mondo. Provai a dimenticare, lenendo le ferite del mio animo con il sangue mortale, ma un giorno l’apparente e illusoria pace che avevo riconquistato, si distrusse nelle mie mani. Quando lessi la lettera che Carmilla aveva pubblicato, il mio cuore venne distrutto in mille minute schegge che si univano per formare una sola parola: vendetta. L’odio mi pervase e io mi lasciai accecare da esso. Nella mia apparente pazzia, ora, ho trovato un senso e un filo logico: ciò che il mio orgoglio desiderava, non era dimenticare, ma vendicare, punire la stupidità gettata sul mio amore, sulla mia sincerità. La caccia è iniziata, mia dolce Carmilla, mio strano e falso demone; se è la mia morte che vuoi, accomodati, ma sappi che la mia anima cadrà tra le fauci di Lucifero aggrappata alla tua. Io ti ho creato con il mio sangue immortale e io ti distruggerò. Arderemo insieme alla luce di un nuovo Sole, bruceremmo nella pira del mio odio...oh…quali sublimi visioni per la mia mente stanca e malata. Ti aspetto mio dolce tesoro, ti cerco, ti bramo. Io e la mia nuova compagna ti stiamo aspettando. Victor e la fiabesca Morte ti cercano per renderti partecipe delle loro nozze. Oh, mia cara il vero divertimento inizia ora… la vendetta ha inizio… che la caccia sia aperta!

Victor Van Huter

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BeatAurora
00sabato 17 dicembre 2005 23:47
Anais Chevalier

di Anais_chevalier


Mi chiamo Anais Chevalier, non ricordo esattamente la mia età poiché nei registri degli uffici anagrafici il mio nome venne presto cancellato, su precisa richiesta e volontà di colui che mi mise al mondo, rinnegandomi ben presto.
La mia famiglia d’origine, per quanto ricordi, era ricca e nobile, famiglia di armatori olandesi, ricordo ancora distintamente quel porto di Amsterdam, quel mare del nord che spesso assisteva alle mie passeggiate solitarie quel fioco sole la cui luce ombreggiava il panorama..ah quanto avrei voluto all’epoca poter vedere la luna..sotto le stelle..ma non era ancora il tempo in cui le figlie, le donne avessero il diritto, la possibilità di uscire la sera..lo avrei fatto, davvero..non ho mai saputo cosa fosse la paura e sapevo di essere piu’ coraggiosa dei miei fratelli,dello stesso Vincent per esempio, il primogenito che avrebbe voluto dedicarsi alla pittura ma aveva il destino tracciato e avrebbe dovuto farsi carico di continuare i commerci paterni, Vincent, dolce e delicato di salute,dall’occhio azzurro sempre velato dal grigiore della sua malinconia, che tremava alle ombre proiettate dalle candele serali, una personalità cresciuta sotto la verga di nostro padre e le sue idee molto ferree in materia di obbedienza..eravamo sudditi di nostro padre, il conte Bernard Chevalier
Naturale che io non avessi paura, io..non temevo la morte perché al piu’ avrebbe solo potuto porre termine alla mia prigionia di donna il cui corpo apparteneva a quel padre
Il mio destino era suo, ed egli già aveva deciso che sposassi un parigrado, il conte Nicolàs Van Der Beuf, avido banchiere, vedevo da alcuni anni, di Rotterdam, distintosi come grande accusatore in alcuni processi per stregoneria svoltisi nella sua città, puttaniere di nascosto e uomo di Chiesa alla luce del sole.
Temo che mio padre volesse al piu’ presto liberarsi di una giovane figlia che amava troppo le “arti pericolose”, così le chiamava mio padre, il leggere e le arti magiche. Mio padre, naturalmente non approvava.
Nulla di me lo rendeva fiero, non lo rincuorava il mio amore per lo studio delle stelle,né la mia capacità di mettere su carta ogni immagine che colpisse il mio intelletto..ancor di meno approvava la mia amicizia con lady Anne..la quale, un tempo moglie di un onesto commerciante della città, era stata accusata di aver cagionato la pazzia del marito, morto suicida anni prima.
Lady Anne, donna in là con l’età di cui nessuno ricordava gli anni o la provenienza,solitaria, di rara saggezza, viveva in un capanno, da cui usciva solo a notte inoltrata, ai margini della città, circondata dal mistero, da molti gatti e da alcuni girovaghi che di tanto in tanto passando da Amsterdam si fermavano nella sua casa..Allora si facevano feste notturne, si alzavano fuochi si sentivano musiche e voci allegre..la città intera guardava inorridita a quello che definivano una “oscenità diabolica” e in cui-si diceva- si banchettasse con carne umana.
Io credevo a queste voci però, le stesse voci che in città sapevano ferire e uccidere piu’ delle spade, sapevo che spesso le voci crescevano a dismisura ed ero sicura che quei banchetti fossero all’insegna dell’amicizia e di carne di capretto al piu’ ed anzi, se volete saperla tutta, ero persino attratta da quelle voci festose, incuriosita da questi baccanali. Chiamatelo spirito di contraddizione, chiamatelo destino..qualcosa mi attirava in quelle musiche bizzarre e nei volti di quei girovaghi, quei volti stranieri, quei volti perfetti, senza rughe, lisci come marmo, quei volti con occhi tanto diversi da quelli cui ero abituata..
Un giorno nella mia passeggiata a cavallo mi avvicinai, volutamente, lo ammetto, al capanno della signora, “la strega”, come la chiamavano in città..tutto comincio’ in quel giorno, era il 1675.
Nella mia ingenuità presi a sbirciare quasi ogni giorno alla sua finestra, la seguivo quando, a tramonto inoltrato, si allontanava dal capanno, spiavo le sue mosse…ma lady Anne, donna di mille occhi e dalla sensibilità sopraffina, già sapeva..un giorno venne alla finestra da cui tentavo di penetrare l’oscurità della sua casa e mi offrì una tazza fumante “the alla vaniglia, mia contessina, vorreste farmi compagnia?”
Così iniziarono le nostre frequentazioni.
La “strega” era una vecchina magra ed ossuta, leggermente curva, con occhi scurissimi e danzanti, la pelle era solo lievemente raggrinzita e morbida al tatto, le dita lunghe e affusolate si muovevano con grazia ed eleganza, sapeva leggere e scrivere e conosceva l’arte dell’osservare le stelle e prevedere i destini..conosceva molte altre arti, aveva decine di flaconicini pieni di sieri strani, di colori ed odori diversi. Inizio’ a parlarmi di come fosse cresciuta ascoltando la natura e di come ne avesse appreso i segreti, era vero quello che si diceva di lei, era una strega, “ma non solo” aggiunse “verrà il girono in cui ti narrerò dei miei poteri e te ne metterò a conoscenza”. Rimasi sbalordita, impallidii e avvertii uno strano senso di disagio che però non mi fece alzare per andarmene..
Lady Anne era una seguace della magia bianca, mi disse, un’arte magica volta al bene dell’umanità. Un’umanità che tuttavia, ancora preda dei mostri creati dalle religioni, ancora preda di un Dio del terrore, non era pronta ad avvicinarsi ad essa..così mi pregò di non rivelare a nessuno il suo piu’ intimo segreto, se lo avessi desiderato mi avrebbe insegnato quanto avessi voluto, il suo cuore si sarebbe aperto del tutto alla mia sete di conoscenze, ma avrei dovuto sempre tacere questi nostri incontri “il mondo “ disse”preferisce bruciare le persone come me, le persone piene di sapere non convenzionale piuttosto che dar cibo alla loro anima. Dovremo essere discrete”
Promisi e iniziai a frequentare assiduamente la sua casa, divenendo ben presto esperta di erbe, filtri, funghi e stelle.
Per quanto non venni mai meno alla parola data a Lady Anne, i servitori del mio palazzo iniziarono a notare le mie troppe assenze, riportando le voci della città sulle mie strane frequentazioni con “la strega”all’orecchio di mio padre, il quale si preoccupo’ immediatamente di cio’ che sarebbe potuto accadere se la cosa si fosse risaputa sino a Rotterdam..sino al castello dei Van Der Beuf, noti accusatori, appunto, in vari processi contro streghe e blasfemie.
Il conte Bernard dunque volle affrettare i suoi piani, mi convocò un giorno alla sua presenza per comunicarmi che era stata fissata la data delle mie nozze con il conte Nicolàs Van Der Beuf per il 16 aprile 1676, di lì a due settimane.
Rimasi sbigottita e implorai Dio di farmi morire piuttosto che darmi in moglie ad un uomo tanto rozzo e avido come il conte Van Der Beuf. Sapevo, naturalmente che mio padre aveva in grande amicizia la famiglia Van Der Beuf, sapevo che da tempo meditava una unione tra le nostre vite, ma sino a che la data non fu fissata non presi atto dello squallore di quanto mi era destinato.
Inoltre, devo confessarvelo, il mio cuore batteva già per un altro cavaliere, un amore inconfessabile anche a me stessa, per quel conte Vincent, mio fratello, al quale da sempre fui molto legata. Vincent mi aveva insegnato a cavalcare, regalandomi gli attimi di libertà dal palazzo, mostrandomi il mare, introducendomi alle gallerie d’arte per ammirare i pittori della scuola fiamminga e della scuola rinascimentale italiana. Vincent, il mio dolce angelo dal cuore generoso…Ogni volta che la sua mano, grande ma delicata, mi sfiorava la pelle bruciava, la mia vista si annebbiava, il mio cuore scoppiava dalla trepidazione e le mie labbra fremevano in attesa di poter sfiorare le sue..
Ammetto che queste sensazioni avevano il potere di terrorizzarmi, allora invocavo l’aiuto di Dio affinché mi aiutasse a non cadere in sentimenti tanto impuri. Eppure, liberandomi dalla coltre del perbenismo e della religiosità, ogni notte sognavo di unirmi carnalmente al mio amato Vincent. Non sapevo cosa egli provasse per questa sua sorella dai capelli corvini e dagli occhi verde acqua, ne’ mai avevo avuto l’ardire di confessargli alcunché. Finora per lo meno.

Sconvolta dalla notizia del mio imminente matrimonio scappai sino al mare..piansi amare lacrime per ore, ed all’imbrunire mi recai a casa di Lady Anne ma qui non vi trovai la mia amica, bensì, con grande sorpresa, Vincent, il quale, in ansia per la mia assenza dal palazzo e saputo dell’imminente mio matrimonio, era uscito nel pomeriggio per cercarmi, addolorato per la mia persona, per la decisione di nostro padre, disperato per la prossima perdita della sua amata.
Disse proprio così “la sua amata”..il cuore mi si fermo’, la stanza prese a girarmi attorno e crollai sul pavimento. Quando riaprii gli occhi,alcune ore piu’ tardi, iniziava ad albeggiare, ero nel letto di Lady Anne, il mio Vincent, accanto a vegliarmi, Vincent che appena notò le mie movenze, il mio risveglio si chinò sul mio viso e accarezzandomi i capelli con una mano mi sfiorò le labbra con le sue, provocandomi un brivido lungo tutto il corpo..si sdraiò accanto a me, la sua mano passò dolcemente sulla mia gamba, al suo interno, le sue carezze si fecero sempre piu’ profonde, sensuali e forti, ed io immersi il mio volto tra i suoi profumati capelli ondulati e poi ricambiai i suoi baci , voluttuosi, la nostre bocche si cercavano bramosamente mentre ormai le mani si intrecciavano, scivolavano su corpi asciutti e lisci, tesi per l’ardore. Quell’alba mi vide conoscere l’amore carnale per un uomo, per il solo uomo che potessi amare, Vincent.
Mancavano pochi giorni al mio matrimonio e ogni notte la casa di Lady Anne vedeva gli amorosi incontri tra me e Vincent..amplessi d’amore su cui pendevano spade acuminate che presto ci avrebbero trafitto.
Infatti Hugo, il servitore personale di mio padre, notò le frequenti assenze notturne di Vincent e della sottoscritta, raccontò al conte Chevalier i suoi sospetti e in cambio di alcune monete d’oro prese a seguire la mia persona, vide cosa accadeva nel capanno di Lady Anne e riferì prontamente tutto al suo padrone e non solo. Ne venne infatti a conoscenza pure il mio futuro sposo Nikolàs Van Der Beuf.
Nostro padre, volendo mantenere il piu’ stretto riserbo sull’oscenità che aveva colpito la sua famiglia, fece rinchiudere per alcuni giorni ,me e mio fratello in segrete del nostro palazzo in attesa di decidere sul da farsi..Infine allontanò Vincent facendolo imbarcare su una nave diretta nel Nuovo Mondo mentre io, dopo essere stata aspramente accusata di irriverenza, impudicizia e lussuria, considerata una sgualdrina senza appello, una seguace del demonio a causa della frequentazione di Lady Anne, venni comunque invitata ad unirmi in matrimonio con il mio promesso sposo “e pregate mia cara che vostro marito non sappia mia nulla di qs vostre perversioni!” mi rimbrottò il conte padre.

Arrivò il triste giorno del mio matrimonio, un alba che mi vide in lacrime, un alba rossa come il sangue che qualcuno stava versando.. questa è al sensazione che accompagnò il mio risveglio, questo il presagio alla vista di quel primo sole albeggiante, sentii paura e la mia pelle si incaponì..
Nella mattinata, mentre mi preparavano e vestivano per il matrimonio, arrivò un servitore del conte Van Der Beuf, aveva un pacco per me…il mio prossimo marito mi faceva un dono..con preghiera di aprirlo in solitudine. Così feci..appena scartai quel voluminoso pacco..i miei occhi rimasero impietriti e nessun suono riuscii ad emettere..la testa di mio fratello Vincent mi stava davanti, recisa di fresco, stravolta dalla morte…un biglietto, di Nikolàs “memento mori..cerca di essere una sposa fedele o farò tagliare al testa a tutta la tua famiglia..e sotto i tuoi occhi. E dopo toccherà a te”
Freddamente, con le lacrime che scivolavano dentro di me, mi recai all’abbazia dove mi si aspettava per la celebrazione del rito. Per me un rito funebre.
Vidi mio padre..no, non sapeva nulla di Vincent, credeva si fosse imbarcato nella notte in quel porto maledetto..dove invece era stato catturato e ucciso dagli uomini di Nikolàs, vidi mia madre, dolce donna senza personalità, buona ed ingenua, vidi mille volti del parentado, il volto del cardinale che celebrava il rito, un rito sacrificale in cui io ero l’agnello.
Quella fu la notte peggiore della mia vita, toccata, insozzata, baciata e violata da un essere che avrei voluto veder morto,vomitai nel letto coniugale, opposi resistenza all’assassino di mio fratello, del mio amante, lottai e graffiai come una fiera che non vuole essere catturata.
La mattina seguente giurai a me stessa che non avrei piu’ permesso a Nikolàs di avvicinarsi alla mia persona..avevo il modo in fondo..la magia bianca mi avrebbe protetto..iniziai a cucinare personalmente i pasti al mio caro marito, da buona moglie..aggiungendo, ovviamente, ingredienti speciali, come arsenico al posto dello zucchero a velo sui dolci, tassina nel thè serale e celidonia nelle prelibate carni che egli consumava in gran quantità.
Sin dal primo giorno Nikolàs accusò dolori allo stomaco, nausea, annebbiamento della vista..la sera si scusò, preferiva dormire da solo, a causa dei suoi malesseri non avrebbe potuto portare a termine i suoi doveri coniugali..mi assicurò che appena ristabilito avrebbe rimediato. Il fatto è che..non si ristabilì mai, ogni girono procedevo con un lento e sistematico avvelenamento..avrei continuato a farlo soffrire per mesi e mesi..sennochè un giorno una delle cameriere accusò identici sintomi, aveva finito gli avanzi di un pasto del conte e avvertì gli stessi malesseri.
Mio marito come una furia si presentò nella mia stanza, inizio’ ad accusarmi di stregoneria, era fuori di sé, dolorante e instabile sulle gambe per via delle continuate dosi di veleno degli ultimi due mesi, ma terrificante nelle sue urla.
Cercai di sfuggirgli e chiamai aiuto ma non vi era nessuno in quell’ala del castello, cercai di difendermi o forse no..lo confesso..colsi l’occasione per cio’ che meditavo da tempo, uccidere il conte Van der Beuf, vendicare Vincent..
Sfruttando la sua malfermità sulle gambe lo feci inciampare e cadere ben presto, afferrai l’accetta e colpii richiamando tutta la mia forza.Gli fracassai il cranio, il suo corpo era a terra e scalciava con veemenza..colpii ancora,e ancora e ancora finchè smise di muoversi..allora presi un coltello ben affilato e iniziai a recidere la testa, volevo separarla, distruggerla, annientarla..misi un catino sotto la testa in modo da raccoglierne il sangue e cominciai il lavoro ..smembrai tutto il corpo, affinché fosse piu’ facile da trasportare fuori dalla stanza..vidi il sangue nel catino, caldo, fui colta da improvvisa sete di quel sangue, avvicinai le labbra e bevvi.Bevvi avidamente il sangue del mio consorte, bevvi come se cannibalescamente stessi divorando quell’essere immondo..
Infine presi la testa e la feci bollire e la scarnificai affinché non potesse essere riconoscibile nel caso qualcuno la avesse mai trovata..Non sapevo che fare dei resti del corpo, pensai di bruciarli, ma i vicini del palazzo avrebbero notato il fuoco, avrebbero fatto domande..allora misi i vari pezzi di corpo in sacchi e caricai il tutto su un carro, andai sino al mare e lì buttai tutto..malauguratamente, presa dalla frenesia del momento, non feci caso ad un particolare non insignificante:la bassa marea. Così la testa ed altre parti di corpo non vennero portate via dal mare ma si depositarono sulla riva fangosa..inoltre venni notata da un guardiano del porto che chiamò le autorità..
Inutile dire che venni arrestata.
Sulla mia famiglia si abbattè la notizia del massacro che avevo compiuto, testimoni di Amsterdam dissero e giurarono che prima di sposarmi ero usa frequentare una strega, Hugo rivelò che in passato avevo ammaliato il mio povero fratello..venni accusata di uxoricidio, di stregoneria, di lussuria.. Mio padre colto da somma vergogna procedette alla mia diseredazione e fece cancellare da ogni certificato anagrafico il mio nome. Io per il mondo già non esistevo piu’.
Contro Lady Anne venne spiccato un mandato di arresto in qualità di mia complice, a nulla valsero le mie proteste, mi autoaccusai, come unica responsabile..ma il tribunale voleva sentire anche la mia vecchia amica, che però non venne mai trovata nonostante le ricerche protratte per quasi un anno..
Intanto arrivò, senza sorprendermi, la mia condanna..morte sul rogo..io non fui mai ascoltata dal Tribunale, né feci resistenza alle accuse, non sarebbe servito..sapevo sin troppo bene come venivano orchestrati i processi per stregoneria, sapevo che a muovere i fili del teatrino era la paura e non il diritto..inoltre non avevo alcuna ragione per vivere..e allora sarei morta, il 23 giugno 1677.
La notte precedente stavo facendo strani sogni, il volto di Vincent mi parlava, mi chiamava a se’, immagini di sangue, schizzi della testa di Nikolàs..mi svegliai di soprassalto..il cuore che sussultava e lì accanto a me una presenza..una figura di donna..alta, capelli lunghi, sciolti..giovane..conoscevo quel volto, aveva lineamenti familiari e quando mi parlò emisi un sussulto..Lady Anne.. Com’era possibile?
La mia amica si sedette accanto e me, non era un’allucinazione, mi disse, si lasciò sfiorare i lineamenti del volto, era giovane, liscio, come quello dei girovaghi che si fermavano a casa sua..nel capanno.. Le chiesi chi fosse, cosa fosse.. ed Ella mi mise a conoscenza di tutto..Lady Anne era un essere sovrannaturale, un vampiro, che nascondeva la sua vera forma sotto le spoglie di quella vecchina per non destare piu’ sospetti di quanti già non ne sollevasse così…in me aveva visto una luce particolare, una forza non comune, un carattere forte, come ogni essere sovrannaturale doveva avere ed ora, quella notte, era pronta a farmi rinascere come lei, donandomi l’immortalità..
Non sapevo a cosa sarei andata incontro, non sapevo nulla di vampirismo, non immaginavo cosa fosse l’eternità..ma le mie labbra non riuscirono a dire nulla,mentre il mio capo si chinava in un silenzioso consenso…lady Anne mi afferrò la testa, con la dolcezza che ricordavo nei baci di Vincent, mi baciò, uno di quei baci che la bocca ad aprirsi..la mia lingua succhiò la sua per alcuni istanti..poi le sue labbra si spostarono sul mio collo e ivi affondarono..
Quella notte il mio corpo morì e rinacqui nella mia attuale forma..con un battito di ali abbandonammo la cella della prigione e sparimmo dall’olanda.

Abbiamo vissuto qui, a Venezia, in questo palazzo del 400 sinora..io e la mia dama oscura, la bella lady Anne…insieme come amiche essendo piu’ che amiche, dividendo il letto, il sangue, i segreti dei nostri corpi..Con lei ho imparato molto in questi anni, sul nostro nuovo mondo, su come cibarmi e saziare la mia sete senza gettare la città nel panico, ad amare uomini e donne, ad apprezzare la bellezza di ogni cosa, di ogni gesto, di ogni volto, di ogni corpo..Ho imparato a non innamorami mai di un umano, troppo breve la sua vita, la sua bellezza, la sua età..Ho pianto alla luce della luna, questa mia nuova madre che non permette ai suoi figli di incontrare il sole, questa mia madre che è così gelosa dei suoi figli da non volerli dividere con la luce.Ho amato e odiato le lunghe notti solitarie trascorse affinando le mie arti magiche e dolendomi per il silenzio delle città, il vuoto nel mio cuore.

Ora, dopo duecento anni, ci stiamo per separare..Lady Anne sostiene che per quelli come noi viene sempre, prima o poi il momento della separazione poiché nessuno si sopporta per l’eternità ma soprattutto perchè non dovremmo mai privarci di nuovi interessanti incontri. Un suo amico molto caro da tempo solo incontrato ad una festa in maschera alcuni mesi fa ha manifestato interesse per la mia persona e vorrebbe avermi ospite nel suo castello..secondo Lady Anne era un’offerta irrinunciabile per me..pare che questo conte sia molto ricco, di spirito raffinato e di grande cultura. Inoltre non sono mai stata in Transilvania, dicono sia un posto incantevole, ed il castello del conte avrebbe una vista meravigliosa. Domani partirò dunque, sarò ospite di questo conte, il conte Vlad Dracul.

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