QUESTO E' IL PARTITO CHE FINORA HA SEMPRE VINTO

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INES TABUSSO
00venerdì 1 settembre 2006 22:55


IL MESSAGGERO
1 Settembre 2006
La sinistra tra inciucisti e rigoristi, affiora la paura di un remake dell’impotenza
di MARIO AJELLO


ROMA Romano Prodi ha fatto il grande giuramento: «Non ripeteremo l’errore del ’96». Non tutti, però, nel centro-sinistra sono pronti a scommettere che sul conflitto di interessi non andrà in scena un film già visto, un remake di una vecchia pellicola intitolata «Flop!». L’altra volta l’Ulivo si divise, tra impotenze e scambi di accuse la cui scia perdura. Infatti il Prof. due sere fa ha detto che «non facemmo quella legge perchè c’era la Bicamerale», cioè D’Alema. Stavolta la coazione a ripetere - per cui il conflitto di interessi scatena anzitutto un conflitto a sinistra - porta il deputato diessino Beppe Giulietti a sceneggiare questa sequenza: «Appena qualcuno osa ventilare un provvedimento che sfiori il dominio berlusconiano, il Cavaliere manda avanti i suoi energumeni che gridano: ”Lo vogliono espropriare!”. E subito trovano nel centro-sinistra qualcuno che li rassicura: ”Ma nooo, vi giuriamo che Silvio non verrà punito...”». Insomma, secondo Giulietti, «l’inizio di questo nuovo capitolo ricorda assai il capitolo di dieci anni fa. Io credo che il finale sarà diverso, però...».
Però c’è il premier che accelera mentre Marini precisa («Basta che non sia un atto punitivo»). Bertinotti tace, mentre i comunisti di Diliberto lanciano l’allarme contro presunte quinte colonne azzurre nell’Unione. D’Alema ha fatto autocritica sul ’96 (come Napolitano sul ’56), ma ora torna sul luogo del delitto e pur non frenando invoca «equilibrio». Giuliano Amato vuole un «aggiustamento» della legge Frattini, mentre Di Pietro pretende la sua «demolizione».
Dunque, per usare l’immagine di Giovanni Sartori, anche stavolta il centro-sinistra si mostrerà «invertebrato», perchè avendo tra le mani l’arma letale anti-Cav. di nuovo non la userà? «Vedo molta melina», si duole Enzo Carra, deputato della Margherita. E aggiunge: «Non giurerei che non vada a finire come l’altra volta. O si ha il coraggio di fare la legge sul conflitto di interessi, come c’è scritto nel programma, oppure si deve avere il coraggio e l’onestà di dire che si vuole la Grande Coalizione». Se si ripete il flop, arrivano i girotondi armati di forconi? «Questo è sicuro», spiega Carra che pure è un moderato doc, «ma in più subiremo l’oltraggio di farci ridere dietro da Bondi e Cicchitto a causa delle nostre assurde impotenze».
I rigoristi immaginano che, prima o poi, un super-moderato del governo - magari trovando sponda nel Quirinale che tenta di scongiurare le zuffe tra i poli - si alzi e dica: «Non possiamo esagerare contro il Cavaliere, prima con l’abolizione della Gasparri e poi con quella della Frattini. Dunque, facciamone una sola: e tarallucci e vino». Quelli che invece vorrebbero che il «blind trust» fosse un «bland trust» (cioè blando o almeno non terrificante) la pensano un po’ come «Il Riformista», insofferente verso la sinistra ossessionata dalla paura dell’inciucio. Spiega Giulietti: «C’è il partito del più uno, quello che considera Berlusconi un demonio e reputa qualsiasi provvedimento mai abbastanza anti-berlusconiano. E c’è, più nascosto e potente, il partito del meno uno, che è un groviglio di interessi targati Rai-Mediaset e molto radicato anche nel centro-sinistra. Questo è il partito che finora ha sempre vinto. Prodi adesso lo dovrà fermare».




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1 Settembre 2006
Conflitto d’interessi, crepe nell’Unione
Al Senato maggioranza già a rischio.
D’Alema: basta con l’ossessione di Berlusconi


ROMA - Dopo il progetto di legge dell’Unione sul conflitto d’interessi, scende in campo anche il governo. Il ministro Vannino Chiti ha annunciato infatti un disegno di legge «convergente» con quello d’iniziativa parlamentare Franceschini-Violante, in realtà perfino più severo. Ma mentre l’opposizione, tutta, insorge, parlando di provvedimento anti-Berlusconi, già si profilano le prime crepe nella stessa maggioranza. Con Massimo D’Alema che mette in guardia gli alleati, la Rosa nel pugno che prende le distanze e il dipietrista Sergio De Gregorio (il senatore eletto presidente della commissione difesa di Palazzo Madama grazie ai voti della Cdl) che dichiara: «Non voterò mai una legge sul conflitto d’interessi che vada contro Berlusconi».
Il ministro degli Esteri, premettendo ironico che «è più facile affrontare il conflitto israelo-libanese...», «consiglia vivamente» di affrontare il tema «sulla base di una proposta equilibrata». «Abbiamo bisogno di una legge più efficace di quella che abbiamo», spiega D’Alema, «ma non credo sia un problema che debba riguardare Berlusconi in modo ossessivo». Anche perché non è affatto detto, osserva malizioso, che nel 2011 il candidato premier della Cdl sia ancora lui. Per il dipietrista De Gregorio, invece, si tratta di non adottare provvedimenti che fatalmente complicherebbero il dialogo, invece necessario, con l’opposizione. «Noi vogliamo una legge sul conflitto di interessi e non una legge pro-o-contro Berlusconi», dichiara pure il capogruppo della Rosa nel Pugno in prima commissione, Maurizio Turco.
Spunta intanto, come si diceva, una nuova bozza messa a punto da Stefano Passigli e Franco Bassanini su richiesta del ministro delle Riforme. «Perché è evidente», nota Chiti, «che su una materia così rilevante il governo non può essere assente o distratto». Due soprattutto le novità: alcune misure intermedie tra il blind-trust e la vendita, prevedendo nuovi strumenti per comprendere e determinare con precisione la portata del conflitto di interessi; e criteri diversi per quanto riguarda l'eleggibilità e l'incompatibilità. Il governo pensa anche a una commissione che esamini caso per caso, sul modello americano, le diverse situazioni. «La cosa più importante da precisare», avverte Bassanini, «è che la legge sul conflitto di interessi va tenuta ben distinta da quella che sarà la riforma alla legge Gasparri. Due provvedimenti che seguiranno iter separati».
Durissime, nonostante quest’ultima precisazione, le proteste dell’opposizione. «E’ una provocazione contro il leader dell'opposizione», dice chiaramente Angelo Sanza. Di «vicenda inquietante» parla Francesco Giro: «Perché Chiti», ricorda l’esponente forzista, «è lo stesso ministro che ha vaticinato a luglio la fine della Cdl...». Anche l’Udc si schiera contro il centrosinistra. «La legge non si tocca», detta secco Lorenzo Cesa: «Se la maggioranza intende cambiarla aprendo una stagione punitiva nei confronti di Berlusconi e del gruppo Mediaset troverà pane per i suoi denti e con l'Udc determinata a dare battaglia in Parlamento... Il fatto che il problema del conflitto di interessi sia stato sollevato in abbinamento alla Rai mi fa pensare che qualcuno stia architettando qualche inciucio. Per questo noi staremo attenti e accorti».
b.j.




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1 Settembre 2006
Il Cavaliere confida nelle divisioni del centrosinistra
Berlusconi: «Degli alleati non mi fido, di D’Alema sì». E per l’incontro con Rutelli studia «le cose che ci uniscono»
di BARBARA JERKOV

ROMA - L’allarme è serissimo, tanto più che qui tutto si lega: conflitto d’interessi, legge Gasparri, nomine Rai. Eppure Bonaiuti - fra i pochissimi in Forza Italia con cui Berlusconi abbia voglia ancora di parlare di politica in questa estate tutta dedicata all’arte della pizza e alle feste in villa - la liquida come «una sceneggiata napoletana del governo che non avendo i numeri per governare solleva un gran polverone per tenere sulla corda l’opposizione». In realtà, come si diceva, dalle parti di Porto Rotondo, dove il leader forzista sta prolungando la sua vacanza (Palazzo Grazioli è in ristrutturazione, e il Cavaliere potrebbe non farsi rivedere a Roma ancora per settimane), l’allarme è serissimo. Tant’è vero che è stato proprio il portavoce di Berlusconi, Bonaiuti appunto, a dar fuoco alle polveri, l’altro giorno, rivelando l’esistenza della proposta di legge dell’Unione. «Scommettendo», confida, «che nel centrosinistra, divisi come sono su tutto, avrebbero certamente reagito uno contro l’altro anche sul conflitto d’interessi».
Ed effettivamente la principale contromisura di Berlusconi a un provvedimento che, se approvato così com’è, lo metterebbe non solo fuori da un futuro governo ma fuori dalla politica, al momento appaiono le divergenze interne ai suoi avversari. «I più lucidi fra loro», spiega del resto un alto consigliere dell’ex premier, «sanno bene che quello stesso terremoto che sconvolgerebbe il centrodestra con la forzata uscita di scena di Berlusconi, destabilizerebbe anche, se non prima, il centrosinistra».
Ma se Berlusconi scommette soprattutto su un’Unione divisa, è anche perché dei suoi alleati non si fida. Anzi, sospetta che vi sarebbe chi avrebbe tutto da guadagnare a forzare per legge il ricambio di leadership della Cdl. «Meglio mille volte parlare con D’Alema che con Casini», raccontano abbia ripetuto più volte, con diversi interlocutori fidati, il leader forzista. Neppure la dichiarazione di Cesa, che ieri ha detto chiaro e tondo il no dell’Udc a modifiche alla legge Frattini, parrebbe averlo rassicurato sul serio: «Questi centristi hanno sempre avuto due facce, ormai ho imparato a mie spese di non potermi fidare».
Dunque non resta che serrare i ranghi, guardando certo con preoccupazione a «questa sinistra che cerca il dialogo solo quando è con le spalle al muro», ma senza abbandonare del tutto i canali di comunicazione aperti nell’ipotesi - sempre presente per Berlusconi - che si possa arrivare a un governissimo. Così, ripartiti Bondi e Cicchitto che hanno trascorso due giorni a Porto Rotondo invitati dal leader per parlare del futuro di Forza Italia, ieri il Cavaliere ha messo mano al dossier che gli hanno preparato gli uffici in vista dell’intervento di martedì prossimo alla festa della Margherita. Tema: «Cosa ci avvicina e cosa ci allontana». Non esattamente una dichiarazione di guerra a Rutelli, nella convinzione che anche il vicepremier moderato, al pari di D’Alema, sia uno «con cui si può ragionare».




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