"Antimafia di facciata"
PALERMO - "L'ostilità di Cuffaro alla mafia è stata solo di facciata. A questo sono servite le sue grida sulla 'mafia che fa schifo' e i protocolli sulla legalità con le forze dell'ordine che ci ha rappresentato. Vi sono numerosi indici del grado di consapevolezza che nel tempo Cuffaro ha avuto delle dinamiche dell'organizzazione mafiosa e delle conseguenze che le sue informazioni pervenute a Guttadauro avrebbero provocato".
"La fonte di Cuffaro è il maresciallo Borzacchelli". Riprende così la sua requisitoria il pm Maurizio De Lucia, nel processo alle cosiddette "talpe" nella Dda che si celebra davanti la terza sezione del tribunale di Palermo. Nel processo, tra gli altri, sono imputati l'imprenditore della sanità Michele Aiello, accusato di associazione mafiosa, e il maresciallo del Ros Giorgio Riolo, che deve rispondere di concorso in associazione mafiosa.
"Da tutto il processo - ha detto il pm De Lucia - emerge che tra Borzacchelli e Cuffaro, vi è un collegamento sistematico e costante. Il rapporto tra i due risale nel tempo. L'elezione di Borzaccheli alle regionali del 2001 era per Cuffaro essenziale". De Lucia ha poi ricordato le affermazioni del pentito Francesco Campanella, il quale ha dichiarato che "Borzacchelli proteggeva Cuffaro dalle indagini". Borzaccheli attualmente è sotto processo a Palermo per concussione.
"L'attività di Cuffaro è stata diretta specificamente all'agevolazione dell'associazione mafiosa". Ha continuato il pm Maurizio De Lucia illustrando i profili giuridici dei reati di concorso in associazione mafiosa e di favoreggiamento aggravato dall'articolo 7, che configura l'aver agito nell'interesse di Cosa nostra.
"Nel caso di questo processo - ha detto il pm - è fuori discussione che attraverso le condotte di Cuffaro sia stato conseguito il risultato dell'agevolazione dell'organizzazione mafiosa. Per questo motivo riteniamo provata la condotta di favoreggiamento e l'aggravante dell'articolo 7 contestato per la vicenda Guttadauro e per questi reati chiederemo che venga sanzionata la responsabilità penale dell'imputato".
De Lucia ha sottolineato che Cuffaro, ponendo in essere le condotte contestate, "ha avuto il fine di salvaguardare l'associazione mafiosa o almeno la sua propagine di Brancaccio dalle indagini".
"Per quanto riguarda Cuffaro, manca il requisito di base del concorso esterno in associazione mafiosa, nel senso di una iniziativa dell'imputato volta a costruire un accordo con l'associazione criminale". Ha detto il pm Maurizio De Lucia analizzando il profilo giuridico del concorso esterno in associazione mafiosa, reato che era stato originariamente contestato al Governatore, nella prima parte dell'indagine.
"Per ipotizzare il concorso esterno - ha detto De Lucia - è necessario che vi sia un rapporto con l'associazione mafiosa e la volontà di interagire con le condotte altrui. Ovvero la ritenuta sussistenza di un preciso patto criminoso". Il pm ha quindi rilevato che "il punto cruciale è la candidatura di Mimmo Miceli alle regionali del 2001".
"Se vi fosse la prova - ha detto De Lucia - che tale candidatura è stata concordata con Guttadauro, saremmo in presenza di una responsabilità di concorso esterno in associazione mafiosa per Cuffaro. Dagli atti, però, non emerge la prova di questa condotta. Non sono ritenute, infatti, prove sufficienti le dichiarazioni di Aragona le le conversazioni intercettate a casa Guttadauro sulle manovre pre-elettorali".
"Antimafia di facciata di Cuffaro? È solo un modo di vedere le cose". Dice l'avvocato Nino Mormino, difensore del presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro. "Abbiamo portato in aula - ha detto - una serie di iniziative politiche di Cuffaro, tutte volte in direzione del contrasto alla mafia. Abbiamo preso atto dell'impostazione del pm che ovviamente non condividiamo - ha osservato Mormino - l'aspetto dell'intenzione di favorire la mafia attribuita a Cuffaro a noi sembra non provato, anzi provato al contrario".
"Il presidente Cuffaro - sostiene l'avvocato Nino Caleca del collegio di difesa - non si è limitato alle grida contro la mafia, come hanno testimoniato sia l'ex presidente dell'Antimafia, Roberto Centaro, che il capo della polizia Antonio Manganelli, i quali in aula hanno riferito come anche nei colloqui riservati Cuffaro si sia sempre espresso chiedendo l'adozione di provvedimenti contro la mafia".
Cuffaro è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa in un procedimento parallelo che è stato aperto nei mesi scorsi e di cui sono titolari il procuratore Francesco Messineo e gli aggiunto Giuseppe Pignatone e Alfredo
F.