E' un mio dovere amare lo stato di Israele?

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sogniesintomi
00martedì 5 ottobre 2004 12:23
Gaza sotto il fuoco: oltre 80 le vittime. Il mondo tace.

Uccidere con missili e carri armati è da stato civile, democratico. E' consentito. Che l'ONU condanni pure, tanto se è israle o gli USA a farlo, qualcuno osa forse contrastarli?
E' solo uccidere con bombe o kamikaze che è incivile. Che è terrorismo. Mi pare ovvio. Quindi continuiamo ad amare il civile stato di Israele. Ve ne do alcuni motivi da questo articolo de Il manifesto, 5/10/2004

Settimo giorno di uccisioni e distruzioni senza fine nel campo di Jabalya. Gli Usa all'Onu minacciano il veto
S. CH.
L'asilo del quartiere di Tal al Zatar nel campo di Jabalya (Gaza) che sino alla scorsa settimana ospitava 400 bambini e bambine, è da ieri un cumulo di rovine impastate di colori, giocattoli e stracciati manifesti di Topolino e Donald Duck. Stessa sorte è toccata a due fabbriche e a decine di case. Interi campi coltivati sono stati spazzati via, così come come ogni traccia delle coltivazioni di fragole e di fiori di cui andava fiera la parte settentrionale della striscia di Gaza. Trentacinque carri armati sono avanzati domenica nel quartiere di Tal al Zatar (significativamente intitolato all'altro campo profughi palestinese di Beirut est distrutto nel 1976 dai falangisti alleati di Israele dopo un assedio di oltre 52 giorni al termine del quale si contarono almeno 4.000 morti) mentre altri duecento blindati e bulldozer corazzati continuano da una settimana ad assediare e a distruggere le parti più esterne del campo di Jabalya e dei vicini centri abitati per una profondità di nove chilometri dal confine israeliano. Come nel 1982 Sharon, con la scusa di voler «difendere» il nord di Israele dalle deboli punture di spillo (rispetto ai quotidiani bombardamenti israeliani) dell'Olp ma in realtà per distruggere i campi profughi e qualsiasi volontà di resistenza del popolo palestinese, spinse l'esercito di Tel Aviv nell'avventura libanese così, in queste ore, il premier israeliano ha lanciato i carri armati a schiacciare le baracche di Jabalya con la scusa di voler fermare il lancio dei missili «al Qassam» lanciati da Hamas contro la cittadina israeliana di Sderot. Ovviamente basterebbe aprire una trattativa con Arafat e con Hamas per arrivare ad un accordo sulla base del quale le due parti si impegnano a non colpire le rispettive popolazioni civili ma non è questo l'obiettivo di Sharon. E così, nel silenzio del mondo, ieri sono stati uccisi altri nove palestinesi e il numero totale delle vittime è salito a oltre ottanta. La situazione del campo di Jabalya, asediato, senza acqua, senza viveri, con gli ospedali ormai senza ossigeno e medicazioni è ogni giorno più tragica. I cecchini israeliani e gli aerei senza pilota aprono il fuoco su ogni cosa si muova e nessuno può uscire di casa, pena la morte. Non c'è neppure spazio per seppellire i morti e a tal fine si utilizza ogni possibile fazzoletto di terra. Tra le vittime di ieri vi sarebbero quattro combattenti della resistenza islamica palestinese, altri due uomini e una ragazza di sedici anni uccisi dai cecchini, sempre a jabalya e un bambino di quattro anni ucciso con un colpo alla testa da un soldato nel villaggio di Khuzaa. Tra le fila israeliane, dall'inizio dell'operazione «giorni di pentimento», si registrano due soldati caduti e una colona uccisa. Altri due soldati sono stati feriti ieri quando un razzo anticarro ha centrato un bulldozer con il quale stavano distruggendo alcune case. E' il secondo mezzo di questo tipo ad essere colpito e messo fuori uso dalla resistenza palestinese. L'Autorità nazionale palestinese ha lanciato un appello per una riunione urgente dei paesi firmatari della Convenzione di Ginevra sulla protezione delle popolazioni civili nei territori occupati mentre dei crimini di guerra israeliani a Gaza si è parlato ieri al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Gli Stati uniti hanno però già fatto sapere che sono pronti a usare il diritto di veto nel caso dovesse essere presentata una mozione di condanna delle violazioni israeliane della Convenzione di Ginevra. Intanto l'illusorietà di una soluzione militare della crisi è stata confermata ieri dall'arrivo su Sderot di due missili portatili «Qassam» che hanno provocato due feriti leggeri. Continua, assordante, il silenzio internazionale su quanto sta succedendo a Gaza.

Anche in Italia. Unica eccezione la convocazione per il prossimo tredici novembre di una manifestazione nazionale per la Palestina, contro il muro di Sharon e per il ritiro delle truppe dall'Iraq, indetta da un vasto arco di comitati di solidarietà, comunità palestinesi, forze politiche e sociali.

ongii
00martedì 5 ottobre 2004 13:19
il popolo abraico si identifica nei tanks
grazie sogni e sintomi, hai portato il problema realmente un pò più in là.
Non so, come risposta alla tua domanda direi: no, non è un dovere, semplicemente sarebbe bello amare il popolo ebraico, che non è per forza sharon, che non è per forza il suo capo militare.
Credo che nelle società che si professano democratiche, il massimo governatore sia espressione della volontà della maggioranza della popolazione. Come in Italia il berlusconismo è un virus diffuso e anche parecchio,così in Israele Sharon è espressione di volontà ben ferme ben precise. Questo cazzo di popolo di Israele, che io compatisco al solo e unico pensiero di quando camminano per strada e hanno giustamente paura di saltare in aria, vuole la guerra fratricida.Nessuno, o pochi,in Israele, aprono spiragli per altre soluzioni. Esiste un unico pensiero: spazzarli via questi palestinesi. Un giorno ho visto un doc chiamato "route 121", un bellissimo viaggio all'interno dele strisce di terra più combattute. Ebbene, i coloni israeliani sono convinti che il massacro delle case e delle persone palestinesi gli sia dovuto. Loro hanno subito una shoah da sei milioni di morti, quindi ora possono permettersi di distruggere la vita al popolo palestinese. Guarda, che mentre venivano intervistati dicevano queste cose con una faccia seria oppure ridendo come se stessero parlando di comici in tv.
Questo fa rabbrividire, questi stanno così traumatizzati, che non si rendono conto di star rovesciando tutta la violenza della quale (alcuni, ma soprattutto i loro antenati) sono stati oggetto, sulla popolazione di palestina.
La sinistra è scomparsa. E' chiaro, qui si parla di appartenenze religiose, mica di classi sociali, mica si fa un discorso che riguarda i disoccupati palestinesi e quelli israeliani! Mica si da un'occhiata all'orrendo e distruttivo "mettere i bastoni tra le ruote" che i giovani arruolati di israele attuano ai check-point !
Non so , è una delle faccende più complicate della storia, e l'europa, come dicevamo qualche tempo fa, se ne è òavata le mani.
Io comunque avrei dele richieste:
1) Siccome ho saputo che nella concezione di microsocietà ebraica ci sono stati i kibbutz, vorrei che chi ne sa ne parli e soprattutto mi indichi delle buone letture o approfondimenti in rete da poter trovare
2) Come la mettiamo col fatto che Arafat risulta ormai un leader stracorrotto e non si vedono, almeno in vista, dei personaggi che possono sostituirlo e riprendere in mano il contatto vero con il popolo ?
Scusate se stamattina sono così lungo...
diè
ongii
00mercoledì 6 ottobre 2004 15:05
qualcuno di voi era a firenze quando la Bottega andò in Fabbrica (Europa) ?
Se qualcun^ era lì.Non ricordo se il primo o secondo giorno di chiacchiere che giovanni lindo fece con le persone che sedevano in sala, lui prese in mano un libro e lesse un dialogo tra due rabbi ebraici. Quel testo era bellissimo, a proposito dell'impossibilità di Dio di farsi uomo e di tutte le contraddizioni di una cosa del genere.
Vi ricordate chi era l'autore di questo libro ?
mant(r)a
00mercoledì 6 ottobre 2004 15:13
purtroppo c'ero ma non mi ricordo [SM=g27819]
mant(r)a
00mercoledì 6 ottobre 2004 15:18
mi ricordo che pensai di segnarmi l'autore, e mi sa anche che misi un promemoria nel vecchio telefono. basterebe trovare il modo di farlo funzionare di nuovo [SM=g27814]
ongii
00mercoledì 6 ottobre 2004 15:21
anelo a quel libro
manta
ti arrivi la giusta energia
direi elettronica
per far
rifunzionare
il tuo vecchio telefono
son qui che mi immolo alla tecnologia
sogniesintomi
00mercoledì 6 ottobre 2004 18:47
ebrei che ridono
conoscete moni ovadia?
be' il suo cofanetto per la einaudi, libro + video, "l'ebreo che ride" è fantastico...aneddotti divertenti di cultura yiddish...uno dei pochi poi, moni, ad alzare la voce ogni tanto, per criticare il governo di israele...un grande artista di teatro e una persona squisita...è con l'umorismo che si combatte l'antisemitismo 8o il fantasma di esso), non con il conttinuo presentarsi come vittime...anke perkè se oggi per molti ebrei è consentito ridere (soprattutto per quelli della diaspora), di palestinesi che ridono non ce ne son molti...
ongii
00mercoledì 6 ottobre 2004 23:20
Re: ebrei che ridono, domande che arrivano
mentre scrivevo risposte, mi sono accorto che dominano le domande, e menomale. Che vado a elencare, dicendo solo che è un pò di tempo che frullano nel capo, in quanto ignorante di questa cultura.

1) Esiste una visione ebraica della società ? Cioè, è vero che, almeno alle origini, questi si organizzavano secondo modelli socialisti o cmq socialdemocratici (alla nord-europa per intenderci). Intendendo come modello di società la vera e propria organizzazione della società.

2) Quale componente domina attualmente nell'intellighenzia ebraica ?

3) Nel pensiero base dell'ebraismo, cioè dell'impossibilità per un dio di farsi uomo, ci scorgo una grande percezione di uguaglianza tra gli umani. E anche di materialismo, se mi concedete. Sono concetti molto vicini alle mie idee.
Ora, che cosa ha così tanto destabilizzato questa concezione da creare mostri umani come sharon e conflitti come quello palestinese ?

Mi rendo conto che sono domande complesse, ma credo che siano la chiave per capire alcuni eventi che attualmente vedono protagonista la componente israeliano/ebraica.
Io ne so poco, forse dico anche cazzate, cercando di interpretare il credo ebraico. Luce, prego!!!!!
un saluto a tutt^
WalterA
00giovedì 7 ottobre 2004 00:46
X ongii

mi sono accorto che dominano le domande, e menomale



Mi nonna Vecchiaccia Romana (e si badi bene che l'ho scritto maiuscolo vecchiaccia), diceve sempre: "C'amo sempre dubbi... per Dio e per la Madonna, puro pe' loro".

Belle domande davvero... grazie Ongii

Speriamo qualcuno ti e ci risponda...



ongii
00giovedì 7 ottobre 2004 01:01
bella lucio
tra un pò ti faccio sapere per canali...
diego



sogniesintomi
00giovedì 7 ottobre 2004 12:07
Re: domande che arrivano

Scritto da: ongii 06/10/2004 23.20

1) Esiste una visione ebraica della società ? Cioè, è vero che, almeno alle origini, questi si organizzavano secondo modelli socialisti o cmq socialdemocratici (alla nord-europa per intenderci). Intendendo come modello di società la vera e propria organizzazione della società.

2) Quale componente domina attualmente nell'intellighenzia ebraica ?

3) Nel pensiero base dell'ebraismo, cioè dell'impossibilità per un dio di farsi uomo, ci scorgo una grande percezione di uguaglianza tra gli umani. E anche di materialismo, se mi concedete. Sono concetti molto vicini alle mie idee.
Ora, che cosa ha così tanto destabilizzato questa concezione da creare mostri umani come sharon e conflitti come quello palestinese ?
un saluto a tutt^



provo a NON rispondere.
1) non credo ci sia una sola visione della società che scaturisca dal variegato mondo ebraico...ma può darsi che gli ebrei askenaziti che vivevano nell'est europa ne avessero una, così come i sefarditi da altre parti...è una bella ricerca da fare...

2) Non so proprio. Non creedo però che di antisionisti ne siano rimasti molti. Sai un bellissimo libro qual è? Danny l'eletto di C. Potok. Eccezionale: entri in un altro mondo: mette a confronto cultura tradizionale ebraica (chassidica) con cultura ebraica moderna, più al passo con i tempi. ambiente: brooklyn.
Uno dei miei libri preferiti. Per la cronaca: i chassidici nel 1945 erano incazzatissimi per la creazione di Israele, secondo loro il ritorno alla terra promessa doveva avvenire quando finalmente fosse arrivato il Messia.

3)Ma sei sicuro che uno dei fondamenti sia l'impossibilità del dio-uomo? non è una reazione al cristianesimo quella?
Per il resto, per la degenerazione della loro 'concezione', mi sa che ti scrivo via email...sennò farei la parte dell'antisemita qui...[SM=g27816]
ongii
00giovedì 7 ottobre 2004 12:14
preso al volo...
il concetto per cui il messia non è ancora arrivato, non credo stia tanto nell'attesa di un nuovo personaggio, quanto in una vera e propria impossibilità della divinità di scendere a terra e autoproclamarsi messia... nel libro letto da glf addirittura ci sono delle argomentazioni, che ora non ricordo molto bene. ma una di queste diceva addirittura : sarebbe un paradosso se dio si facesse uomo perchè in quel momento ci arebbe dio al posto di un uomo e un uomo qualsiasi a posto di dio.....
ogiùddilì
la questione è complicata
ci sono ebreofili in ascolto ?
sogniesintomi
00giovedì 7 ottobre 2004 15:11
Re: preso al volo...

Scritto da: ongii 07/10/2004 12.14
il concetto per cui il messia non è ancora arrivato, non credo stia tanto nell'attesa di un nuovo personaggio, quanto in una vera e propria impossibilità della divinità di scendere a terra e autoproclamarsi messia...



qui non concordo proprio. c'è eccome un'attesa messianica nel mondo ebraico... gesù non è considerato il messia anche perchè, a posteriori, con lui si può dire che sia arrivato il regno di dio sulla terra? se si fa una lettura storica, materialistica e si pensa quindi alle guerre ecc. si risponde di no.(ma non c'è solo quella lettura).
Che poi il Messia debba essere di natura divina o meno, questo non lo so...bisognerebbe studiare la teologia ebraica, compito non facile...
WalterA
00giovedì 7 ottobre 2004 15:17
A chi non sa... e vorrebbe saperne...solo un accenno....

L'ideologia del kibbutz
(tratto ed adattato da Il Kibbutz di David Meghnagi, Barulli 1974, su gentile concessione dell'autore)

Dal deserto del Neghev alle montagne dell'Alta Galilea il paesaggio israeliano è caratterizzato dalla presenza di oltre 300 kibbutzim. Divisi in federazioni a diverso orientamento politico ed ideologico, i collettivi agricoli israeliani presentano caratteri simili che ne permettono la classificazione sotto un unico nome.

Per quanto la popolazione del kibbutz abbia rappresentato da sempre un'esigua percentuale della popolazione ebraica di Israele, la realtà del kibbutz ha profondamente inciso su quella del Paese.

COSA È IL KIBBUTZ

Il kibbutz rappresenta un fenomeno unico che per quanto possa presentare delle similitudini con analoghe comunità utopiste non va assolutamente confuso con esse.
A differenza delle comunità americane sorte nel XIX secolo presenta degli orizzonti culturali."Il kibbutz" scriveva M. Spiro nel 1963 "può ritenersi una società secolarizzata nella quale le componenti emotive della religione sono date dalla natura e dalle soddisfazioni intellettuali della scienza".
A differenza che nel kolkhoz, nei kibbutzim non esiste la proprietà privata, mentre sono presenti delle somiglianze marginali e puramente esterne con le comuni cinesi.
Nei kolkhoz infatti la proprietà è divisa in due aree, una destinata alla coltivazione collettiva e l'altra alla coltivazione privata. Vi è previsto inoltre un salario di denaro.

Nel caso specifico delle comuni cinesi invece la differenza consiste nel fatto che queste ultime sono direttamente controllate dal governo. In verità nemmeno il kibbutz può vantare in questo campo una totale indipendenza.

La proprietà nel kibbutz è collettiva, la terra appartiene alla nazione e viene acquistata dal KKL (cioè il Fondo Nazionale Ebraico), attraverso contributi volontarî, che la cede in affitto per un periodo di 99 anni. Il kbbutz paga annualmente il 2% del prezzo del costo di origine. I servizi medici sono garantiti dalla Kuppat Cholim (Cassa Mutua). L'individuo riceve uno stipendio sotto forma di beni ed ha diritto alle vacanze annuali. Per quanto concerne gli alloggi si segue il principio di anzianità. La totalità dei kibbutzim vende i suoi prodotti all'Histadrut (il Sindacato Nazionale Israeliano) alla quale l'interno movimento collettivistico è organicamente legato.

IL KIBBUTZ NELLA SOCIETÀ ISRAELIANA

Contrariamente ai luoghi comuni più diffusi, i kibbutzim non appartengono tutti al movimento operaio. Se la maggior parte di essi sono affiliati ai tre partiti operai che ne riuniscono insieme circa il 92% del totale, esiste anche un piccolo numero di kibbutzim che appartengono ai partiti religiosi, ai partiti borghesi ed anche al partito di estrema destra Herut.

Il kibbutz si fonda su un'ideologia. Agli occhi dei teorici della sinistra sionista esso rappresentava "la cellula di avanguardia della società futura" (così dichiarava il Kibbutz Artzì nel 1927). Il processo di edificazione socialista della Palestina veniva infatti visto dalla sinistra sionista come un processo distinto in due fasi. La prima prevedeva "la fondazione della patria ebraica in Palestina su una base economico-produttiva autonoma", la seconda "la liberazione sociale (sempre stando a quanto dichiarato dal Kibbutz Artzì, ora nel 1952).

Le sovvenzioni statali e parastatali (KKL, istituzioni sioniste) di cui godono tutti i kibbutzim indipendentemente dal loro orientamento ideologico rappresentano un altro argomento su cui occorre porre attenzione. Si è visto in precedenza come lo establishment sionista, una volta ostile alla formazione di nuovi kibbutzim, sia andato sempre più riconoscendone l'utilità. I kibbutzim si sono infatti rilevati uno sbarramento efficacissimo contro le infiltrazioni e le invasioni. Utilità talmente evidente che l'esercito incoraggiava i giovani pionieri a compiere il servizio militare nei kibbutzim tra le unità del Nachal (unità agricola dell'esercito).

DEMOCRAZIA E BUROCRAZIA NEL KIBBUTZ

Un principio fondamentale dell'ideologia del kibbutz è la protezione dell'individuo contro lo sviluppo di una casta burocratica.
Questo fine è stato istituzionalizzato con la attribuzione ai vari membri di una serie di ruoli comportanti una certa autorità e con la rotazione di queste cariche aventi una durata breve di tempo.
L'impulso economico originato nella sfera produttiva si è allargato gradualmente, abbracciando il settore dei servizi comunitari ed altri servizi economici del kibbutz. Il processo di specializzazione e differenziazione tende oggi ad abbracciare ogni aspetto dell'esistenza (alimentazione, educazione, etc.), ponendo così seri problemi ai teorici del movimento kibbutzista.

SHIVAION

La shivaion è nato come reazione alle distinzioni sociali esistenti nello shtetl ed era stato in origine portato agli estremi limiti. In alcuni kibbutzim nei primi tempi si dava un pettine ad ogni membro, sia che ne avesse bisogno o no, compresi i calvi. Ben presto questo metodo cadde in disuso, tuttavia ci volle del tempo perché si mutasse sistema ed i bambini venissero nutriti secondo il bisogno.
Comunque, lo sviluppo del kibbutz aprendo la strada alle differenziazioni e specializzazioni individuali ha messo in crisi questo principio, che è andato acquistando un significato sempre più elastico. Il carrierismo non è oggetto di disprezzo ed il successo individuale è accettato come legittimo.

ASCETISMO ED ALTRI VALORI

La felicità e la stabilità della famiglia hanno acquistato nel corso della storia ebraica un carattere quasi di obbligo famigliare. I vetikim nel loro ripudio non hanno risparmiato neppure questo importante aspetto del loro passato.

La comodità e l'intimità non potevano non presentarsi ai loro occhi come i nemici più pericolosi dei loro ideali collettivistici.
Il lavoro duro veniva a rappresentare la più alta fonte di prestigio, mentre il modello di uomo era rappresentato dalla "personalità sintetica".
"Nella personalità sintetica" si legge nella piattaforma del kibbutz "si trovano combinati un alto livello di preparazione politico-ideologica e tecnico-scientifica, il lavoro fisico e la produzione intellettuale ed una cultura profonda, capace di contribuire alla elevazione culturale ed economica del kibbutz. La personalità sintetica è originale, ferma nelle sue idee ma disponibile al dialogo, rivoluzionaria e collettivista".

In verità già cinquanta anni fa questo principio ha iniziato a declinare. Sono infatti molto lontani i tempi in cui una donna nel guidare il trattore sceglieva la via più irta di ostacoli. Gli insegnanti non debbono più sentirsi inferiori a causa della loro funzione e cercare quindi di riscattarsi nel periodo delle vacanze estive.
Le nuove case momentaneamente limitate ai vetikim ma gradualmente estese a tutti i membri sono attrattive e fornite inoltre di aria condizionata.

L'introduzione della televisione e della radio contrastavano con l'austerity degli anni '50 (in quel periodo l'austerity regnava su tutto il Paese, ma il kibbutz, pur nella sua povertà, garantiva ai suoi membri un tenore di vita assai più elevato di quello della media della popolazione ebraica d'Israele).Oggi il kibbutz si presenta ancora come una società volta alla ricerca del benessere, inserita nel contesto della più ampia realtà israeliana nella quale opera e sulla quale incide anche se in misura minore che nel passato.


L'INDIVIDUO ED IL GRUPPO

La libertà individuale rappresenta un valore di grande importanza del quale il kibbutz ha fatto uno dei suoi temi preferiti. Tuttavia il gruppo e la sua volontà prevalgono sul singolo, che deve attenersi alle regole da esso stabilite.
La "ezrà adadit" (termine con il quale si suole indicare la pressione che il gruppo esercita sul singolo), valore di estrema importanza, opera come un fattore di forte controllo sociale.

Per quanto l'ideologia del kibbutz non sia formalmente mutata, anche i valori del gruppo hanno subito profonde trasformazioni. L'intimità non è più percepita come asociale ed è accettata come legittima.

IL CHADAR HAOCHEL

Espressione storica e tipica della profonda ribellione dei fondatori alla struttura della vecchia famiglia ebraica, con particolare riferimento ai costumi che regolavano i pasti, la mensa comune, si presentava (specialmente nei primi tempi) come necessaria ed indispensabile. Simbolo dell'intero impegno collettivo, centro cerimoniale e politico e luogo dei pasti, la mensa comune avrebbe dovuto permettere l'emancipazione della donna dal giogo delle attività domestiche. Tuttavia, le cose, con il temo, sono andate cambiando. Preparare del cibo nelle stanze private non è più considerato un peccato mortale contro il kibbutz. Non a caso i kibbutzim dell'Hashomer Hatzair hanno ritenuto opportuno affrontare considerevoli spese per la costruzione di sale di ritrovo al fine di invogliare i membri del kibbutz ad intrattenervisi la sera, dopo i pasti. Tutto questo per disabituarli a riunirsi privatamente.



Posto questo che è la prima cosa che ho trovato su internet così anche chi non sa, può avere un accenno per farsi un idea di cosa si parla.

sogniesintomi
00giovedì 7 ottobre 2004 15:27
be' grazie walter, molto interessante...socialismo ebraico direi, con alcuni eccessi sull'applicazione delle leggi, vedi il pettine per i calvi...(l'implorazione di gesù risuona ancora: il sabato è per l'uomo non viceversa). Però chissà quanto conta questa realtà oggi in israele..quanto pesa nelle scelte politiche...credo sempre meno...
sogniesintomi
00giovedì 7 ottobre 2004 23:13
RISERVE INDIANE PER I PALESTINESI
«Via da Gaza per seppellire la Palestina»
Lo dice Dov Weisglass, consigliere di Sharon, ad Haaretz. Veto Usa alla risoluzione Onu contro l'offensiva israeliana
MI. GIO.
GERUSALEMME
I palestinesi al più presto dovranno munirsi di slitte e renne, indossare pesanti abiti nordeuropei anche in estate e non proclamarsi cittadini della Palestina ma di Suomi. Yasser Arafat forse sarà costretto ad indossare tutto l'anno il costume di Babbo Natale per riconquistare un ruolo politico. Tutto ciò allo scopo di compiacere Ariel Sharon. Il premier israeliano infatti non ha alcuna intenzione di negoziare la conclusione del conflitto che dura da decenni sino a quando i palestinesi non diventeranno «finlandesi». Lo ha detto il suo consigliere Dov Weisglass che ieri, per la prima volta, in un'intervista concessa al quotidiano Haaretz (verrà pubblicata integralmente domani), ha ammesso che il cosiddetto piano di disimpegno da Gaza (che prevede anche la costruzione del muro in Cisgiordania) è solo una manovra diversiva volta a fornire a Israele «una quantità di formalina sufficiente affinché non ci sia un processo politico con i palestinesi». Il candore e la serenità con cui Weisglass, stretto collaboratore del premier, ha fatto le sue rivelazioni confermano ciò che i governi di mezzo mondo ben sanno ma preferiscono tacere, pur di non urtare la suscettibilità di Sharon, alleato di ferro di George Bush nella Armageddon del terzo millennio che deciderà l'esito della perenne lotta tra il bene e il male, tra la civiltà e la barbarie, tra l' Occidente e il terrorismo.

Weisglass, che non è un millenarista ma un diplomatico consumato e pragmatico, è stato fin troppo esplicito nel precisare di aver concordato con l'Amministrazione americana -ossia i neocons che da anni manovrano Bush come un burattino - che «una parte delle colonie ebraiche (quelle della Cisgiordania) sono fuori discussione del tutto, mentre di altre si potrà parlare una volta che i palestinesi si siano trasformati in finlandesi»: ossia mostrino di essere pacifici e mansueti. In sostanza dovranno accettare i cantoni nei quali sarebbero destinati a vivere e rinunciare per sempre alla autodeterminazione. Il consigliere di Sharon infatti ha chiarito che il ritiro da Gaza serve a evitare la nascita dello Stato di Palestina, l'avvio di trattative sulla questione dei profughi, i confini e la spartizione di Gerusalemme che alcuni piani di pace, come l'Iniziativa di Ginevra (che piace a molti in Europa e a qualcuno negli Usa), prevedono ai loro punti principali.

Sharon quindi ha scelto di anticipare tutti annunciando un piano che ai palestinesi restituisce ben poco: Gaza forse e qualche fazzoletto di terra in Cisgiordania che tuttavia rimarranno saldamente sotto il controllo esterno di Israele. Tutto ciò con la benedizione Usa, ha concluso Weisglass, che, d'altronde, non fanno mancare mai il loro pieno sostegno alla politica di Sharon. Martedì sera Washington ha usato il suo diritto di veto per bloccare una risoluzione presentata dall'Algeria al Consiglio di sicurezza dell'Onu che chiedeva la fine immediata dell'offensiva militare israeliana in corso a Gaza dove ha fatto in una settimana oltre 90 morti palestinesi. Il voto tra i 15 membri del Consiglio è stato di 11 a favore, uno contro (gli Usa) e tre astensioni.
ongii
00venerdì 8 ottobre 2004 12:52
per gli aficionados di "la guerra: almeno.." e "E' un mio dovere.."
passo un attimo sul forum per una proposta, tra l'altro non ho ancora letto i docs sui kibbutz eccetera. stasera mi riconnetto e ne riparliamo.
Stavo pensando che s&s ha fatto bene ad aprire un topic sulla questione isrpal, praticamente nell'altro topic ci stavamo intrippando in una discusione che, volentieri, si era diffusa parecchio rispetto alla domanda iniziale di palpten.Credo, rileggendo un pò di interventi su quel topic, che la maggior parte di noi reputa glf un grande artista che ultimamente subisce delle metamorfosi mentali, che possono "tornarci" come anche no.Al di là di questo miniriassunto che cerco di fare,pensavo di continuare a parlare di israele e palestina nel topic aperto da s&s, ma di tenere aperto il" canale sulla guerra" che cmq risulta essere uno dei più visitati e dibattuti.
Che ne dite?
Alle prossime....
WalterA
00domenica 10 ottobre 2004 20:06
rieccomi
vorrei invitarvi però a non divergere tanto dall'argomento trattato altrimenti si finisce troppo fuori tema.
WalterA
00domenica 10 ottobre 2004 20:07
rieccomi
vorrei invitarvi però a non divergere tanto dall'argomento trattato altrimenti si finisce troppo fuori tema.
ittidu
00domenica 10 ottobre 2004 21:30
Re: A chi non sa... e vorrebbe saperne...solo un accenno....

Scritto da: WalterA 07/10/2004 15.17

L'ideologia del kibbutz
(tratto ed adattato da Il Kibbutz di David Meghnagi, Barulli 1974, su gentile concessione dell'autore)

Dal deserto del Neghev alle montagne dell'Alta Galilea il paesaggio israeliano è caratterizzato dalla presenza di oltre 300 kibbutzim. Divisi in federazioni a diverso orientamento politico ed ideologico, i collettivi agricoli israeliani presentano caratteri simili che ne permettono la classificazione sotto un unico nome.

Per quanto la popolazione del kibbutz abbia rappresentato da sempre un'esigua percentuale della popolazione ebraica di Israele, la realtà del kibbutz ha profondamente inciso su quella del Paese.

COSA È IL KIBBUTZ

Il kibbutz rappresenta un fenomeno unico che per quanto possa presentare delle similitudini con analoghe comunità utopiste non va assolutamente confuso con esse.
A differenza delle comunità americane sorte nel XIX secolo presenta degli orizzonti culturali."Il kibbutz" scriveva M. Spiro nel 1963 "può ritenersi una società secolarizzata nella quale le componenti emotive della religione sono date dalla natura e dalle soddisfazioni intellettuali della scienza".
A differenza che nel kolkhoz, nei kibbutzim non esiste la proprietà privata, mentre sono presenti delle somiglianze marginali e puramente esterne con le comuni cinesi.
Nei kolkhoz infatti la proprietà è divisa in due aree, una destinata alla coltivazione collettiva e l'altra alla coltivazione privata. Vi è previsto inoltre un salario di denaro.

Nel caso specifico delle comuni cinesi invece la differenza consiste nel fatto che queste ultime sono direttamente controllate dal governo. In verità nemmeno il kibbutz può vantare in questo campo una totale indipendenza.

La proprietà nel kibbutz è collettiva, la terra appartiene alla nazione e viene acquistata dal KKL (cioè il Fondo Nazionale Ebraico), attraverso contributi volontarî, che la cede in affitto per un periodo di 99 anni. Il kbbutz paga annualmente il 2% del prezzo del costo di origine. I servizi medici sono garantiti dalla Kuppat Cholim (Cassa Mutua). L'individuo riceve uno stipendio sotto forma di beni ed ha diritto alle vacanze annuali. Per quanto concerne gli alloggi si segue il principio di anzianità. La totalità dei kibbutzim vende i suoi prodotti all'Histadrut (il Sindacato Nazionale Israeliano) alla quale l'interno movimento collettivistico è organicamente legato.

IL KIBBUTZ NELLA SOCIETÀ ISRAELIANA

Contrariamente ai luoghi comuni più diffusi, i kibbutzim non appartengono tutti al movimento operaio. Se la maggior parte di essi sono affiliati ai tre partiti operai che ne riuniscono insieme circa il 92% del totale, esiste anche un piccolo numero di kibbutzim che appartengono ai partiti religiosi, ai partiti borghesi ed anche al partito di estrema destra Herut.

Il kibbutz si fonda su un'ideologia. Agli occhi dei teorici della sinistra sionista esso rappresentava "la cellula di avanguardia della società futura" (così dichiarava il Kibbutz Artzì nel 1927). Il processo di edificazione socialista della Palestina veniva infatti visto dalla sinistra sionista come un processo distinto in due fasi. La prima prevedeva "la fondazione della patria ebraica in Palestina su una base economico-produttiva autonoma", la seconda "la liberazione sociale (sempre stando a quanto dichiarato dal Kibbutz Artzì, ora nel 1952).

Le sovvenzioni statali e parastatali (KKL, istituzioni sioniste) di cui godono tutti i kibbutzim indipendentemente dal loro orientamento ideologico rappresentano un altro argomento su cui occorre porre attenzione. Si è visto in precedenza come lo establishment sionista, una volta ostile alla formazione di nuovi kibbutzim, sia andato sempre più riconoscendone l'utilità. I kibbutzim si sono infatti rilevati uno sbarramento efficacissimo contro le infiltrazioni e le invasioni. Utilità talmente evidente che l'esercito incoraggiava i giovani pionieri a compiere il servizio militare nei kibbutzim tra le unità del Nachal (unità agricola dell'esercito).

DEMOCRAZIA E BUROCRAZIA NEL KIBBUTZ

Un principio fondamentale dell'ideologia del kibbutz è la protezione dell'individuo contro lo sviluppo di una casta burocratica.
Questo fine è stato istituzionalizzato con la attribuzione ai vari membri di una serie di ruoli comportanti una certa autorità e con la rotazione di queste cariche aventi una durata breve di tempo.
L'impulso economico originato nella sfera produttiva si è allargato gradualmente, abbracciando il settore dei servizi comunitari ed altri servizi economici del kibbutz. Il processo di specializzazione e differenziazione tende oggi ad abbracciare ogni aspetto dell'esistenza (alimentazione, educazione, etc.), ponendo così seri problemi ai teorici del movimento kibbutzista.

SHIVAION

La shivaion è nato come reazione alle distinzioni sociali esistenti nello shtetl ed era stato in origine portato agli estremi limiti. In alcuni kibbutzim nei primi tempi si dava un pettine ad ogni membro, sia che ne avesse bisogno o no, compresi i calvi. Ben presto questo metodo cadde in disuso, tuttavia ci volle del tempo perché si mutasse sistema ed i bambini venissero nutriti secondo il bisogno.
Comunque, lo sviluppo del kibbutz aprendo la strada alle differenziazioni e specializzazioni individuali ha messo in crisi questo principio, che è andato acquistando un significato sempre più elastico. Il carrierismo non è oggetto di disprezzo ed il successo individuale è accettato come legittimo.

ASCETISMO ED ALTRI VALORI

La felicità e la stabilità della famiglia hanno acquistato nel corso della storia ebraica un carattere quasi di obbligo famigliare. I vetikim nel loro ripudio non hanno risparmiato neppure questo importante aspetto del loro passato.

La comodità e l'intimità non potevano non presentarsi ai loro occhi come i nemici più pericolosi dei loro ideali collettivistici.
Il lavoro duro veniva a rappresentare la più alta fonte di prestigio, mentre il modello di uomo era rappresentato dalla "personalità sintetica".
"Nella personalità sintetica" si legge nella piattaforma del kibbutz "si trovano combinati un alto livello di preparazione politico-ideologica e tecnico-scientifica, il lavoro fisico e la produzione intellettuale ed una cultura profonda, capace di contribuire alla elevazione culturale ed economica del kibbutz. La personalità sintetica è originale, ferma nelle sue idee ma disponibile al dialogo, rivoluzionaria e collettivista".

In verità già cinquanta anni fa questo principio ha iniziato a declinare. Sono infatti molto lontani i tempi in cui una donna nel guidare il trattore sceglieva la via più irta di ostacoli. Gli insegnanti non debbono più sentirsi inferiori a causa della loro funzione e cercare quindi di riscattarsi nel periodo delle vacanze estive.
Le nuove case momentaneamente limitate ai vetikim ma gradualmente estese a tutti i membri sono attrattive e fornite inoltre di aria condizionata.

L'introduzione della televisione e della radio contrastavano con l'austerity degli anni '50 (in quel periodo l'austerity regnava su tutto il Paese, ma il kibbutz, pur nella sua povertà, garantiva ai suoi membri un tenore di vita assai più elevato di quello della media della popolazione ebraica d'Israele).Oggi il kibbutz si presenta ancora come una società volta alla ricerca del benessere, inserita nel contesto della più ampia realtà israeliana nella quale opera e sulla quale incide anche se in misura minore che nel passato.


L'INDIVIDUO ED IL GRUPPO

La libertà individuale rappresenta un valore di grande importanza del quale il kibbutz ha fatto uno dei suoi temi preferiti. Tuttavia il gruppo e la sua volontà prevalgono sul singolo, che deve attenersi alle regole da esso stabilite.
La "ezrà adadit" (termine con il quale si suole indicare la pressione che il gruppo esercita sul singolo), valore di estrema importanza, opera come un fattore di forte controllo sociale.

Per quanto l'ideologia del kibbutz non sia formalmente mutata, anche i valori del gruppo hanno subito profonde trasformazioni. L'intimità non è più percepita come asociale ed è accettata come legittima.

IL CHADAR HAOCHEL

Espressione storica e tipica della profonda ribellione dei fondatori alla struttura della vecchia famiglia ebraica, con particolare riferimento ai costumi che regolavano i pasti, la mensa comune, si presentava (specialmente nei primi tempi) come necessaria ed indispensabile. Simbolo dell'intero impegno collettivo, centro cerimoniale e politico e luogo dei pasti, la mensa comune avrebbe dovuto permettere l'emancipazione della donna dal giogo delle attività domestiche. Tuttavia, le cose, con il temo, sono andate cambiando. Preparare del cibo nelle stanze private non è più considerato un peccato mortale contro il kibbutz. Non a caso i kibbutzim dell'Hashomer Hatzair hanno ritenuto opportuno affrontare considerevoli spese per la costruzione di sale di ritrovo al fine di invogliare i membri del kibbutz ad intrattenervisi la sera, dopo i pasti. Tutto questo per disabituarli a riunirsi privatamente.



Posto questo che è la prima cosa che ho trovato su internet così anche chi non sa, può avere un accenno per farsi un idea di cosa si parla.



finalmente ho avuto tempo per leggerlo tutto...molto interessante.
ma kibbutzim è il plurale di kibbutz?
ongii
00lunedì 11 ottobre 2004 22:06
Re: Re: A chi non sa... e vorrebbe saperne...solo un accenno....
come giustamente dice sogniesintomi, da lontano sembra qualcosa fuori dal tempo e fuori dallo spazio dell'attualità israeliana, addirittura presenta qualche esagerazione per quanto riguarda le abitudini collettive.
non so, e non vorrei offendere nessun^, ma ci risiamo con una concezione quasi lobbystica.
Già faccio una certa fatica, data la mia percezione laico/marxista, a pensare a questo popolo come un gruppo/lobby. Mi piacerebbe sapere le loro idee e le loro credenze in quanto uomini e donne che abitano uno stato e ci lavorano, non come gruppo autoreferenziale che stabilisce delle regole organizzative e le persegue solo perchè si considera diverso dal resto della popolazione, senza nessun tipo di contatto con le altre etnie, in isolamento quasi totale.
Una volta ho saputo che esistono gruppi di giovani israeliani, che da lontano definiremmo fricchettoni, i quali abitano zone bellissime delle colline di israele, vivendo in questo tipo di comunità.
La cosa tragica è, che a differenza della maggioranza delle comuni giovanili delle quali siamo a conoscenza, predicano il sionismo a tutto spiano.
ma come è possibile, queste persone cercano di vivere in simbiosi con la natura egli animali e poi ci sono gigantesche stelle di davide segnate alle pareti... incredibile il mondo si è davvero capovolto, chi cerca armonia con la natura si ritrova ad odiare il palestinese e ad affermare la razza pura ebraica...
Non credo che esista una fonte nel web di questo articolo, ma ricordo di averlo letto su Donna, il settimanale di repubblica.
C'è qualcun^ che mi aiuta ad avere una visione più positiva della cosa? sul serio, sono molto aperto...
salut
sogniesintomi
00martedì 12 ottobre 2004 00:55
lobbies
attento ongii che se inizi a parlare di lobbies come niente ti dan dell'antisemita...se vuoi approfondire l'argomento tra ebrei trdizionalisti e modernisti in Occidente dal pdv teologico-culturale c'è il libro Danny l'eletto di Potok, di cui ti ho già scritto. Se vuoi approfondire il tema ebrei-economia, be' se guardi quello che succede e vuoi approfondire c'è da mettersi le mani nei capelli...ti dico qualche chicca in privato...
WalterA
00martedì 12 ottobre 2004 17:57
Occhio...
X ONGII la sua domanda

ma come è possibile, queste persone cercano di vivere in simbiosi con la natura egli animali e poi ci sono gigantesche stelle di davide segnate alle pareti




In Israele la religione è più di un credo a differenza dell'occidente cattolico ed è per questo che parte tutto da quello...

Questo è quanto si può constatare...non mi invento niente


P.S.: Sostengo che comunque un nostro dovere amare qualsiasi forma di credo e cultura...e non solo quella israeliana... perchè i credo sono qualcosa che parla ai popoli e non solo ai governanti.

[Modificato da WalterA 12/10/2004 18.07]

sogniesintomi
00giovedì 21 ottobre 2004 20:49
Falluja come Gaza
Ho visto oggi le rovine delle case di Falluja bombardate... a colpo d'occhio mi han ricordato quelle di Gaza o della Cisgiordania. Ciò che fa l'aviazione USa non è molto diverso da quello che fa quella israeliana... alla ricerca di terroristi arabi tengono in assedio città e bombradano abitazioni civili. E morto un capo terrorista (o patriota? dipende da che parte si guarda la questione... Mazzini ad es. che cos'era?)ce ne sarà un altro. Oggi c'è Al Zarkawi, domani? (anche se Al Zarkawi è giordano, non iraqeno, ma gli arabi si si sentono una nazione...)
Ho paura che se van avanti così, tra un po' Ferretti ci dirà che è suo dovere amare il popolo americano...

PS X WalterA io continuo a sostenere che non si può nè si deve amare per dovere, tanto più se parliamo di stati. Si può rispettare per dovere, amare è un'altra cosa...
ongii
00giovedì 21 ottobre 2004 21:05
e tutto questo nel silenzio complice dell'informazione
come anche sulla faccenda della responsabile inglese di Care International, sparita non si sa dove
e Blair, faro del laburismo mondiale, sta lì a guardare a dire non abbiamo ancora deciso di "spostar truppe",
e tutto dorme, come sopito.
Ci si risveglierà per la manifesta del 30 ottobre, e un pò mi sta cominciando a venire a noia questo riaccendersi della coscienza solo in momenti eclatanti.
Ma credo che il movimento sia anche sfiancato, chi non lo sarebbe, da questo mostro (in)visibile impalpabile da ultimo piano dell'empire state building.
Se la Politica non accenna a mosse sostanziali, l'anno prossimo parleremo molto di iran o siria, dipende possiamo giocare a dadi e vedere quale dei due paesi esce.

E' un mio dovere aspettarmi un risultato pro-kerry dalle elezioni del 2 novembre?

x walterA, s&s, palpten e todos lo que partecipan a sto topic:
procuratevi gli articoli di Marco D'eramo, giornalista del manifesto, inviato negli usa e a spasso nell'ohio in mezzo alla gente che sta facendo campagna per i democrats.
D'eramo descrive benissimo questa realtà, facendomi "acchiappare" meglio alcune (pre)concezioni che ho nei confronti di quella gente.
Il 19 e oggi, sono usciti i primi due articoli di questa inchiesta.
buona lettura.
ongii
00venerdì 22 ottobre 2004 01:37
dimenticavo una cosa..
purtroppo non posso mettere i link degli articoli
il manifesto sta cominciando a far pagare l'edizione on-line che non è più visibile come prima.è un bel casino, se anche alla cooperativa del manifesto gli tocca di fare così.
vabbè buonanotte
WalterA
00martedì 26 ottobre 2004 21:27
Il male minore

E' un mio dovere aspettarmi un risultato pro-kerry dalle elezioni del 2 novembre?




Si dice che di solito si cerchi di scegliere il male minore o il meno peggio, aspettando che arrivi qualcosa di buono.

(l'ultima frase "aspettando che arrivi qualcosa di buono" l'ho inserita per sistemare con chi nel forum mi ha dato del pesimista piagnone, così faccio contento anche lui.)
sogniesintomi
00mercoledì 27 ottobre 2004 12:21
inizia il piano "riserve indiane"
il Parlamento ha dato l'assenso a quello che io chiamo il piano riserve indiane.
Sharon tra un bombardamento e un altro inizia a dar pratica alle leggi sul ritiro da Gaza e sul ritorno dei coloni. I coloni si sentono traditi, per loro occupare quelle terre ha un valore divino, direi escatologico: reimpossessarsi della terra promessa. Come fai a dir loro: ci siamo sbagliati, dovete tornare, vi reimborsiamo? Non è una semplice questione di soldi. E intanto si bombarda, per non scontentare la base di destra.
Ma non si creda: qui non c'è alcuna intenzione di venire a patti qui si decide tutto unilateralmente, Israele dice: io tolgo un po' del mio, vi lascio più liberi ma vi tengo sotto controllo, e scordatevi il vostro stato. In ogni caso l'esercito israeliano vigilerà sui nuovi indiani...
sogniesintomi
00giovedì 28 ottobre 2004 23:57
ARAFAT
ce la farà? Rischiava di morire lì dove vive rinchiuso da due anni, perchè ha paura che andando all'estero il democratico stato di israele che lo tiene segregato dal mondo poi gli impedisca di tornare. Ma i medici glielo hanno imposto. Pressioni su Israele da parte dell'Egitto e un portavoce di Sharon dice: potrà tornare. Staremo a vedere. Io dubito. Si accettano scommesse.
Libertario
00venerdì 29 ottobre 2004 20:05
domande
premetto che non ho seguito questa discussione ma a prima vista pare che gli ebrei fatti a pezzi dai kamikaze sugli autobus non interessano, cmq:

Arafat esce di scena (forse per sempre, chissà..) e magari il suo posto viene preso da Abù Alà o da Abu Mazen, Sharon decide che è ora di abbandonare le colonie, il terrorismo diminuisce (grazie alla Barriera difensiva che, vergognosamente, entra in territorio palestinese o agli assassini mirati dei capi di Hamas?).

Che il processo di pace in Medioriente possa riprendere nei prossimi mesi?

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