Cina, Hu: "Ambiente e riforme, ma il partito resta al centro"

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vanni-merlin
00martedì 16 ottobre 2007 00:20
La relazione del presidente al XVII Congresso del partito
"Troppo alti i costi della crescita". "Accordo di pace con Taiwan"

Cina, Hu: "Ambiente e riforme, ma il partito resta al centro"


ROMA - Più tutela per l'ambiente. Frenando la frenetica crescita economica cinese dai costi sociali altissimi. E via libera alle riforme. Ma ad una condizione: che il Partito comunista resti al potere. Il segretario generale del partito Comunista e presidente della Repubblica Popolare, Hu Jintao sintetizza così la sua linea politica davanti alla platea dei delegati al XVII Congresso del partito.

Nel suo discorso Hu, che guiderà il paese per 5 anni, ha ammesso una realtà evidente. I danni ambientali e sociali fatti, in Cina, dalla crescita economica senza freni. "La nostra crescita economica viene realizzata con costi troppo alti in termini di risorse e di impatto ambientale - dice il presidente cinese - Lo sviluppo nelle aree metropolitane e quello nelle zone rurali resta sbilanciato e ampio è anche il divario tra economia e società".

Dall'ambiente alla politica. E alle riforme. Che servono ma sempre tenendo al centro di tutto il partito. "La ristrutturazione politica deve essere un parte importante delle riforme del loro complesso - continua Hu - ma deve essere accompagnata da un costante sviluppo economico e sociale senza perdere il giusto orientamento: continuare a considerare la centralità del ruolo del partito".

Altro tema affrontato la corruzione. Presente in maniera significativa nella società e nelle classi dirigenti cinesi. Hu promette un giro di vite. "Dal fatto di punire in modo risoluto e di prevenire efficacemente la corruzione dipendono il sostegno popolare al partito e la sua stessa sopravvivenza - spiega il segretario - e per questo si tratta di un importante obiettivo politico al quale il partito deve puntare sempre".

Sul fronte internazionale, Hu rende nota la sua volontà di siglare un accordo di pace con Taiwan, basato sul principio di "una sola Cina". Sottolineando che ogni ipotesi di indipendenza per l'isola non sarà tollerata. Evitando però, di fare riferimento diretto all'uso della forza per riunificare Taiwan con il resto del Paese, segnando così una svolta dopo la legge antisecessione approvata nel 2005 che rendeva automatico il ricorso alla guerra in caso di dichiarazione unilaterale di indipendenza.

Le parole del premier, però, non hanno fatto breccia a Taipei e sono state definite "lontane dalla realtà" e dalla "democrazia". Positiva, invece, la reazione degli Usa: "E' passo nella giusta direzione".


(15 ottobre 2007)



da: www.repubblica.it/2007/08/sezioni/esteri/cina-intellettuali/congresso-partito/congresso-part...


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