Risultato
//premetto che oltre il rapporto tra Arieth e Teresth il resto è rimasto pressoché uguale, spero più scorrevole ^^ qualunque cosa si rivede insieme come al solito!//
Tereseth:
si dice che nell’angolo più buio e remoto del mondo, dove la stessa grande musica ha perso la sua purezza originale, proliferino gli esseri più efferati, astuti e corrotti conosciuti più comunemente come demoni mutaforma. Forse pochi sanno che solo i più abili manipolatori e i più astuti calcolatori sono riusciti a trovare un modo per varcare la discrepanza per giungere nelle terre dei mortali. Molti si lasciano abbandonare alla banale violenza, altri più astuti si divertono nel tessere fitte trame per ingannare le malleabili menti dei mortali,infine c’è chi non si accontenta di questi bassi intrattenimenti per trascorrere la loro interminabile permanenza su queste terre. Un nome in particolare farebbe rabbrividire chiunque tra le estreme terre del nord, un demone che non ha saputo accontentarsi di veder scorrere il sangue mortali sulle proprie mani, ma al contrario ha voluto elevarsi al di sopra delle infime razze dell’Aengard come una sorta di simbolo portatore di morte e caos... Nel corso degli anni le persone più disparate hanno assecondato il suo volere, era noto per mostrarsi in mille forme diverse per soggiogare le menti dei mortali e modellarle a suo piacimento per diffondere il suo verbo e far scorrere sangue in suo nome. Una folata di vento gelido che portava la follia sui villaggi, il culto della morte in ogni suo effrenato aspetto, l’innocenza soggiogata passionevolmente alle sue promesse melliflue che in cambio chiedevano solo carne e violenza.... il suo nome era un sussurro tra le bocche dei mortali, il suo nome era morte, il suo nome era perdizione, il suo nome era Tereseth.
L'incontro:
Nulla allietava Tereseth più di vedere interi villaggi bagnati dal sangue dei delitti compiuti dalle persone più innocenti e insospettabili, si curava personalmente di scegliere i suoi "adepti", nella sua mente si sovrapponevano trame su trame incrociando il debole sguardo dei mortali, fantasticava spesso sulla potenzialità di ogni soggetto che testava. Amava spasmodicamente osservare le menti sane dei paesani divenire progressivamente sempre più sanguinarie, perdere ogni pudore davanti la carne nella speranza di una vita migliore, i mortali vendevano loro stessi pur di ottenere un misero premio. Di solito il processo non era molto travagliato, bastavano pochi giorni per devastare il raziocinio di un qualunque villano privo d'intelletto, con gli anni le sue tecniche diventavano sempre più subdole, sempre più macabre... tutto procedeva regolarmente senza intralci, Tereseth era un'ombra portatrice di morte tra i mansueti villaggi nelle montagne, e il sangue che scorreva allietava ogni sua giornata nel silenzio più assoluto. La noia dopo tanti anni lo assalì nuovamente, le aride menti degli agricoltori e braccianti erano troppo facili da manipolare, però non disdegnava affatto continuare a vedere la morte spargersi tra di loro, la sua insoddisfazione lo portò a cercare qualcosa di nuovo, qualcosa di più intrigante... fu proprio questo che lo condusse nelle estreme terre del nord dell'Aengard, regno degli elfi dei ghiacci, razza pura e inflessibile, difficile da soggiogare allo squallore della morte. E' così che per la prima volta il demone incrociò lo sguardo puro e innocente di Arieth, un'elfa dei ghiacci dai lunghi e candidi capelli color neve, le iridi profonde di un puro color ghiaccio con un corpo dalle forme gentili... forse fu proprio vedere tanta innocenza in una donna che spinse il demone a prenderla di mira. Una lenta discesa tra il sangue e la perversione fu quella dei due, un susseguirsi di torture psicologiche ai limiti dell’immaginazione, un trionfo del dolore e dell’odio tra le sue parole affilate, la coronazione dello squallore e del viscidume nei suoi gelidi trattamenti, tutto unito in uno spillo affilato che recideva ogni freno cercando di far fuoriuscire le passioni più proibite. La mente dell’elfa nonostante tutto non dava segni di cedimento, la determinazione e il profumo della libertà non l’avevano abbandonata, e le sue pure iridi di ghiaccio non accennavano a darla vinta ai due pozzi scuri senza fine del demone. L'orgoglio e la pazienza di Tereseth iniziò fastidiosamente a vacillare, nulla si poteva opporre al suo volere… specie se si trattava di una fragile donna, ma quella non sembrava avere intenzione nemmeno di impugnare un pugnale per salvarsi versando il sangue di un altro. I mesi passavano e le stagioni iniziavano ad alternarsi nel silenzio di una semplice casa in legno della catena montuosa delle Scaglie di Drago, la situazione non cambiava ormai da tempo e un giorno la pazienza imperuta del demone si incrinò, lui che non si era mai sporcato di una goccia di sangue da secoli iniziò a far giocare l’elfa con il dolore fisico, le membra mortali possono anche sopportare… ma per quanto? dopotutto sono così fragili e delicate se sottoposte alle giuste cure… è così che l’elfa fu ridotta più volte in punto di morte, sfregiata in ogni maniera possibile si trascinava in avanti perdendo il conto dei giorni, i ricordi delle sue candide terre, esistevano solo le assi insanguinate della casa e il suo aguzzino. Il volto di Arieth divenne solo un ricordo della giovane sorridente tra le nevi, la sua pelle liscia ricoperta da ogni genere di cicatrice, le ossa fragili dalle numerose fratture e il volto coperto per occultare alla vista gli sfregi. Il suo corpo sembrava muoversi alimentato solo dal desiderio di non provare altra sofferenza e presto il volere del demone fu soddisfatto, la ammirava nei suoi gesti secchi e senza sentimento che laceravano le carni degli innocenti, il vermiglio sangue che ne sgorgava. Un essere privo di una volontà propria che si divertiva ad umiliarla, a sporcarla dell’ennesimo delitto e cancellare ogni traccia della sua innocenza.... le violenze erano molteplici e non ne tralasciava in alcuna maniera nessun genere, presto divenne serva e custode del suo seme, portatrice di un essere pregno allo stesso tempo del puro sangue dei ghiacci e della corrotta stirpe demoniaca. l’essere che avrebbe continuato a portare l'orrore su queste terre . La gravidanza fu l’estremo passo che fece toccare il fondo ad Arieth, non poteva fare nulla per cambiare il suo triste destino, solo le sue pene fisiche si allietarono per permettere a Krasus di nascere sano e forte. Forse fu la forza di volontà dell’elfa o più semplicemente l'astensione prolungata dal dolore a far affiorare nuovamente la lucidità di Arieth, le forze erano poche e i tempi stringevano ad ogni giorno che passava, lentamente qualcosa avanzava silenzioso ma forse non abbastanza. Il giorno della nascita del mezzodemone, poco dopo il parto che paragonato alle torture subite era una carezza, sul baratro della follia e sull’orlo della lucidità, una scintilla, debole, si mosse tra le sue stanche membra. un gesto forse scoordinato, istintivo, troppo lento ma liberatorio anche se il pugnale non andò pienamente a segno…. le innocenti iridi di Arieth erano devastante ma nel profondo era ancora visibile il suo spirito puro, si spense lentamente alla prima pugnalata di Tereseth, tra le gentili membra squartate rimaneva ancora un bagliore... l'onore di essere morta libera.
Il ritrovamento e l'infanzia:
il sangue ancora caldo scivolava sulle assi di legno del pavimento, Arieth giaceva al suolo lacerata in più punti, le labbra increspate in un leggero sorriso e la mano stesa verso il giovane Krasus, come fosse la sua unica speranza... un messaggio muto davanti gli occhi di Degnar, la provenienza del vagito dell'infante ora gli era più chiara vedendolo accanto al ventre squarciato dell'elfa, il sangue della madre era sparso in più punti della camera e si trascinava fino all'ingresso svanendo lentamente, vicino la porta erano rimaste ancora delle tracce fresche che dopo qualche passo si arrestavano inspiegabilmente. Il vecchio cacciatore con l'arco ancora in spalla non riusciva a spiegarsi un orrore del genere, nel silenzio delle nevi avvolse tra le
sue braccia il minuto e infreddolito corpicino di Krasus, è così che il mezzodemone conobbe per la prima volta il suo salvatore, stretto al suo petto caldo tra le nevi delle montagne vicino Heliriel. L'ombra scura del suo passato per molto tempo passò in secondo piano, conserva vaghi ricordi del capannone di legno di Degnar, non era altro che l'abitazione di un cacciatore adornata di un semplice mobilio e qualche arma, nel retro era collocata una piccola forgia casalinga ed un telaio dove Degnar di tanto in tanto costruiva qualcosa, per il resto c'era solo lo stretto necessario per vivere. Il vecchio cacciatore non era un semplice eremita delle montagne del nord, rammenta bene la sua impeccabile destrezza nella scherma e nel tiro dell'arco, si muoveva lesto tra la taiga seguendo meticolosamente le impronte degli altri animali, dopotutto in quel clima gelido sopravvivevano solo i più abili. Ma Degnar non era nemmeno un semplice cacciatore, sulla sua bifilare infatti era ancora impresso il marchio dell'esercito elfico, è con la medesima lega che Krasus è stato cresciuto, abituato alla fatica e alla pazienza, fulmineo con la spada ed impeccabile con l'arco dopo anni di allenamenti intensi con quello che ormai chiamava "padre". Il giovane crebbe tra quelle foreste in compagnia di qualche raro cacciatore, il silenzio delle montagne accompagnò la maggior parte della sua infanzia e con gli insegnamenti del padre imparò ad amare la natura e tutta la creazione della dea Morwell, imparò a rispettare la vita e le armi, apprese la storia e i costumi dell'Aengard grazie alle storie che Degnar gli raccontava davanti il piccolo camino del capannone, quell'uomo forse fu più che un padre per lui.
Il primo Sangue e l'adolescenza:
il tempo sembrava scorrere lento tra le montagne del nord, ma in pochi anni il mezzodemone ormai era diventato un adolescente capace di difendersi e badare a se stesso, i tratti infantili ormai lasciavano posto a una prima barba e il fisico di un guerriero, un giovane silenzioso dai capelli argentei e le iridi glaciali come quelle della madre, i giorni si susseguivano uguali tra le nevi, passava il suo tempo tra le foreste come fossero la sua seconda casa, l'arco del padre ormai era divenuto il suo compagno più fedele e la natura il suo rifugio. Un giorno le cose cambiarono, non ci fu nessun avvertimento ma solo tanto sangue, ricorda bene il momento in cui la sua vita prese una piega irreversibile, ricorda la casa inondata dal sangue, il rantolo che usciva dalle labbra di Degnar steso a terra lacerato in più punti del corpo come se qualcuno si fosse divertito a squarciare lentamente la sua pelle. Il suo respiro era debole, non abbastanza forza per sopravvivere, l'unica cosa che uscì dalle sue labbra fu la verità, la verità su tutto il suo passato... o almeno quello che sapeva, non ci fu tempo per altro se non per un estremo saluto, dopo solo il peso delle membra senza alcuna scintilla di vita. Dietro di lui solo un'enorme scia di sangue e una manciata di passi che si interrompevano senza una spiegazione plausibile. Ed è così che l'Aengard accolse un ragazzo di 16 anni tra le sue terre, la sua mente iniziò a riempirsi di nuove sensazioni, nuove immagini, i suoi passi senza direzione si perdevano tra boschi e montagne fino all'imenso mare dell'ovest. Solitario in terre sconosciute continuò a cacciare per sopravvivere, inizialmente schivo verso gli estranei passò qualche anno tra le foreste del Maevathan fino a quando un gruppo di cacciatori e mercenari lo prese sotto la sua ala, è con loro che vagò per anni per l'Aengard aiutando i paesani con gli animali selvatici feroci e altri pericoli in cambio di qualche soldo o vendendo pelli e provviste alle città locali, la sua vita scorreva mansueta al fianco di una mezzelfa che lo riuscì a far sentire amato un'altra volta dopo la perdita di Degnar, Elanor. Così passarono altri anni tra il lavoro e la sua nuova compagna, il mezzo non era più il ragazzo solitario che camminava tra le nevi, il suo volto è indurito dal tempo e il suo corpo già segnato da numerose cicatrici, i ricordi ormai si sovrappongono numerosi nella mente del mezzodemone ancora incoscente della sua vera natura. nuovamente come se la sorte l'abbia preso in antipatia un altro fulmine a ciel sereno si abbattè sulla vita di Krasus, perse durante un lavoro leggermente più pericoloso del solito Elanor e molti dei suoi compagni che finirono per essere prima torturati nei modi più brutali e poi uccisi senza pietà da quelli che sembravano dei fedeli di Shanaas (chiedere per i dettagli). E' così che Krasus si ritrovò un'altra volta solo nell'Aengard accompagnato con la bifilare del padre al suo fianco, alle spalle una distesa di morte e dolore che non lo abbandonò mai più nelle notti, come se la sua mente provasse piacere a tormentarlo e fargli rivivere ogni volta le stesse scene allo stesso modo....