ANGOSCIA

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vanni-merlin
00sabato 24 novembre 2007 22:14
ANGOSCIA


Il concetto di angoscia è diventato uno dei più significativi concetti della filosofia contemporanea con le riflessioni di Soren Kierkegaard (Il concetto dell’angoscia) che lo considera sentimento fondamentale dell’esistenza nello stadio più elevato, quello religioso. L’angoscia deriva dalla condizione esistenziale stessa: l’esistenza è infatti possibilità indeterminata, "nel possibile tutto è possibile", scelta necessaria il cui risultato non è garantito. Può essere superata solo attraverso il suicidio, la negazione di ogni possibilità che si apra all’uomo, o attraverso il paradosso della fede, l’abbandono totale dell’uomo a Dio, "Colui al quale tutto è possibile", vivere in Dio, non solo porsi davanti a lui; la fede infatti implica la scelta di vivere fino in fondo la disperazione dell’esistenza che nasce dalla separazione fra il singolo e l’Assoluto.

Nel Novecento l’angoscia come sentimento fondamentale dell’esistenza è uno dei concetti cardine delle filosofie esistenzialiste.

Heidegger fa dell’angoscia il perno della sua analitica esistenziale. L’Esserci è caratterizzato dalla situazione emotiva e dalla comprensione; la situazione emotiva deriva dal sentimento dell’essere-gettato-nel-mondo; le situazioni emotive sono due: l’angoscia e la paura; questa è il sentimento di chi vive l’esistenza inautentica, l’angoscia invece è il sentimento dell’esistenza autentica, che è essere-per-la-morte, il sentimento per il quale l’Esserci si sente "non a suo agio" nel mondo, l’esistenza e il mondo sono "insignificanti" e accetta la morte come "possibilità assolutamente propria, incondizionata e insormontabile dell’uomo"; l’Esserci che ha compreso il senso dell’esistenza e del mondo come nulla può solo accettare il proprio destino, l’angoscia così "libera l’uomo dalle possibilità nulle e lo lascia libero per quelle autentiche".

Analoga è la concezione dell’angoscia in Jaspers e Sartre.

Jaspers vede l’esistenza come "naufragio" di tutte le possibilità che all’uomo sembrano aprirsi, la libertà che sembra caratterizzare l’esistenza si rivela come impossibilità di superarne le condizioni che l’uomo ritrova in sé: non può non morire, sente il peso della colpa, non riesce a comunicare. Solo attraverso la metafisica autentica, può trovare l’essere sotto la "cifra" in cui si manifesta.

Sartre considera l’esistenza come assoluta libertà di scelta; è questa libertà che genera l’angoscia: essendo il nulla la dimensione ineliminabile del mondo e dell’esistenza, la libertà di scelta deve essere angoscia: la scelta è progetto, essa proietta l’uomo nel futuro, in ciò che non è ancora e genera l’orrore dell’indeterminatezza che il nulla, il non-essere, porta con sé; il nulla così si rivela come il senso profondo dell’esistenza, è dentro l’uomo e non fuori; per questo motivo l’uomo è "condannato a essere libero", cerca di trascendere l’esistenza, di "fuggire" da se stesso e ricade necessariamente nel nulla.

Il concetto di angoscia è fondamentale anche nella psicanalisi: l’angoscia è quel sentimento doloroso connesso all’esistenza, che risale alla nascita, il momento "nel quale si trovano riunite tutte le situazioni penose, tutte le tendenze e le situazioni corporee, il cui insieme è diventato il prototipo dell’effetto prodotto da un pericolo grave"; paura, timore e gli altri sentimenti simili sono diversi dall’angoscia perché sono circostanziati, hanno cioè un oggetto preciso di fronte. Non avendo un preciso oggetto su cui poggiare per uscire dallo stato doloroso che determina, è definibile come uno "stato di impotenza" da quale l’Io e il Super-Io cercano di difendersi; da questa analisi (Cfr. Inibizione, sintomo e angoscia, 1926) Freud trova tre tipologie fondamentali di angoscia che si differenziano in base agli effetti che provocano sulla persona.


da: www.biblio-net.com/filosofia/schede_diacroniche.htm
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