007 LICENZA DI TUTTO MENO CHE UCCIDERE: PROTESTE

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INES TABUSSO
00mercoledì 9 agosto 2006 22:36

09/08/2006
IL SOLE 24 ORE
CDL E UNIONE: NO A LICENZA DI SEQUESTRO
MARCO LUDOVICO
www.senato.it/notizie/RassUffStampa/060809/bnmu3.tif



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LA STAMPA
POLITICA
SERVIZI SEGRETI «DARE AGLI AGENTI LICENZA DI RAPIRE»: POLEMICHE DOPO L’INTERVISTA DEL PRESIDENTE DEL COMITATO PARLAMENTARE DI CONTROLLO
Gli 007 di Scajola spaccano il Copaco
Molti no alla possibilità di agire fuori dalla legge, ma il governo lavora per ampliare i loro poteri
9/8/2006
di Guido Ruotolo


ROMA. Alfredo Mantovano, An: «Nessuna autorizzazione agli 007 ad azioni che ledano l’integrità e la libertà della persona». Massimo Brutti, Ds: «Sono in radicale dissenso con il presidente Scajola: nessuna autorizzazione è possibile per comportamenti che violano i diritti umani, come il sequestro di persona». Fabrizio Cicchitto, Forza Italia: «Sono d’accordo con Scajola. Il limite invalicabile per lo 007 deve essere quello di non uccidere». Sergio De Gregorio, Italia dei Valori: «Sono d’accordo con Scajola, purché non metta in discussione la credibilità dell’Italia». Felice Casson, Ulivo: «Il limite è fissato dalla nostra Costituzione, che impone il rispetto della persona umana. Dunque, nessun sequestro di persona può essere autorizzato».

Il giorno dopo, fa discutere l’intervista a La Stampa del presidente del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi, Claudio Scajola, che ha tratteggiato i contenuti della riforma possibile dei Servizi e invocato le «garanzie funzionali» per gli 007, fino a prevedere la possibilità di azioni illegali, comprese le «extraordinary rendition» (escludendo la licenza di uccidere). Anche Milziade Caprili, Rifondazione, membro del Copaco, è nettamente contrario alla proposta di Scajola: «Le garanzie funzionali devono garantire sempre il rispetto dei diritti fondamentali di ogni individuo». All’opposto, Italo Bocchino, An: «E’ urgente prendere posizione, così come ha fatto il presidente del Copaco Scajola, sulle libertà da vincoli legislativi che i nostri agenti devono necessariamente avere».

Ma tutti sono d’accordo, invece, sulla necessità di procedere in tempi rapidi a una riforma della nostra intelligence. Ci sta lavorando anche il governo, muovendosi su una linea non distante da quella di Scajola, che intende concedere poteri più ampi agli 007. Nel merito della riforma, invece, le posizioni sono più articolate, e tagliano trasversalmente gli schieramenti. Per esempio, servizio unico o due servizi? Per Felice Casson ex pm veneziano (sue le indagini su Gladio e la strage di Peteano), è indifferente: «L’importante è stabilire compiti e obiettivi della intelligence, per evitare sovrapposizioni. In ogni caso, la responsabilità sul loro operato deve essere del presidente del Consiglio». Massimo Brutti, Ds, propende per il mantenimento di due servizi: «Sono d’accordo con un sistema incentrato su due agenzie, e su di una forte struttura centrale che garantisca coordinamento e direzione unitaria delle varie attività di intelligence».

A favore di un unico Superservizio si pronuncia invece Alfredo Mantovano, An: «Anche perché il rischio è quello della sovrapposizione di compiti e di analisi, magari divergenti tra loro. Peraltro, la struttura di coordinamento, in assenza di autonomia, non ha alcun potere effettivo». Mentre il forzista Fabrizio Cicchitto, che nella passata legislatura è stato componente del Copaco, pur propendendo per la soluzione dei due Servizi, esprime una perplessità: «Ho il dubbio se mantenere le competenze dei due ministeri, quello della Difesa per il Sismi e quello dell’Interno per il Sisde». Come pure è perplesso sulla responsabilità di coordinamento concentrata «solo su Palazzo Chigi». Il presidente Scajola, nella sua intervista, ha sollevato il tema di maggiori poteri al Copaco. E’ d’accordo il senatore Felice Casson: «Così com’è, il Copaco non serve a niente. La vicenda del sequestro di Abu Omar lo dimostra: nella passata legislatura si sono svolte diverse audizioni dove i responsabili della intelligence hanno potuto dare la loro versione senza la possibilità di verifica da parte del Copaco». Alfredo Mantovano, An, specifica: «Gli attuali poteri del Comitato sono essenzialmente ricognitivi. Il Copaco deve essere messo in grado di avere strumenti di controllo effettivo». Nessuna «cogestione» tra governo e Copaco, come pure lascia intendere Scajola, invece, deve essere stabilito per il diesse Massimo Brutti: «L’organo parlamentare di controllo non può essere messo a parte di un’operazione prima che essa si svolga, ma può, semmai più tardi, a operazioni concluse e senza sollevare il segreto sulle fonti e sugli agenti dei servizi, verificare che l’attività sia svolta conformemente alla Costituzione e alle regole che disciplinano l’attività dell’intelligence».




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LA STAMPA
POLITICA
L’ESPONENTE DS «GIUSTO CHE IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GARANTISCA ALCUNE IMPUNITA’ AGLI AGENTI»
Violante: sequestri inaccettabili
9/8/2006
di Guido Ruotolo



ROMA. La nuova intelligence che ha in testa Luciano Violante, Ds, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, è formata da un «cervello pensante», l’attuale Cesis, e da due articolazioni, Sismi e Sisde. Ma a differenza di quanto affermato a La Stampa dal presidente del Copaco, Claudio Scajola, Violante - pur convinto della necessità di creare uno scudo protettivo per gli 007 che devono agire anche al di fuori della legalità - boccia l’autorizzazione a operazioni come il sequestro di Abu Omar. E sulla bufera giudiziaria milanese che coinvolge il Sismi di Nicolò Pollari, a chi si aspetta la nomina del nuovo direttore del servizio segreto militare, risponde: «Non è una partita di calcio, chi ha responsabilità istituzionali o politiche deve avere fiducia nell’arbitro, in questo caso il governo, che, per le informazioni di cui istituzionalmente dispone, è nelle condizioni di poter giudicare meglio di chiunque altro».

Presidente Violante, quali “garanzie funzionali” si devono concedere agli 007? Per il presidente Scajola, a certe condizioni, sarebbe legittimo anche il sequestro di Abu Omar. Per lei?

«Quel sequestro è stato effettuato per far torturare una persona. E’ inaccettabile in qualunque paese civile. Quella persona, poi, era oggetto di attente indagini e sarebbe stato arrestato dalla nostra autorità giudiziaria. Infine, queste operazioni illegali e disumane espongono il Paese al rischio di attentati terroristici di ritorsione».

Ma esiste il problema di garantire agli 007 una certa impunità?

«Certo, ma bisogna definire un confine esterno invalicabile. E deve essere l’autorità politica ad assumersi la responsabilità della decisione. Se si manifestasse la necessità di violare le regole per difendere la sicurezza del Paese, deve essere il presidente del Consiglio ad autorizzare la violazione, se necessario rispondendone al Parlamento. Una legge costituzionale del 1989 stabilisce che quando il presidente del Consiglio o un ministro ha compiuto o autorizzato un’attività illegale al fine di salvaguardare un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante, come è la sicurezza nazionale, la Camera di appartenenza,a maggioranza assoluta, può stabilire che non si proceda».

Quali violazioni della legalità sarebbero accettabili?

«E’ difficile fare un catalogo. Penso ad attività dirette ad acquisire informazioni: alla violazione del domicilio, per introdurre una microspia, a una perquisizione abusiva fatta nei confronti di un sospetto, documenti falsi di copertura. Penso ad atti di questo tipo».

L’inchiesta sul sequestro di Abu Omar ha oggettivamente messo sul banco degli imputati il Sismi. In attesa della riforma che verrà, perché il governo non cambia il suo vertice?

«Bisognerebbe sapere molto di più di quanto si sa. Il presidente Scajola parla di “incongruenze”, l’autorità giudiziaria dice altro. Solo chi ha davanti tutto il quadro può esprimere un giudizio fondato e responsabile. Discettare in un clima agostano della sostituzione del direttore del Sismi sarebbe un esercizio di irresponsabilità. La sicurezza di un Paese è garantita dalla forza delle relazioni che i nostri Servizi tengono con quelli degli altri paesi amici. Se il Servizio è delegittimato è chiaro che nessuno dà più informazioni; a quel punto è la sicurezza de nostro Paese ad essere esposta. Non so se ci sono responsabilità dell’attuale capo del Sismi, so che spetta al governo garantire il massimo della sicurezza possibile del nostro Paese».

Quali dovrebbero essere i segni distintivi della nuova intelligence?

«Il Sisde dovrebbe occuparsi solo della sicurezza interna, il Sismi solo di sicurezza internazionale. Questa ripartizione di competenze è forse saltata. Perché il Sismi ha centri nelle principali città italiane, e il Sisde ha presenze nei più importanti centri strategici stranieri. Non si tratta di abusi. Oggi, per quanto riguarda il terrorismo di matrice islamica, che è il più preoccupante, è difficile distinguere un pericolo di tipo internazionale da uno di tipo interno. Questo nuovo scenario ci spinge a una riconsiderazione complessiva della struttura dei Servizi».

Il presidente Scajola, propone due Servizi e alcune funzioni accentrate in una struttura di coordinamento. Lei?

«Forse si può anche continuare ad avere due Servizi. L’importante è che si pensi a una testa molto autorevole, capace di disegnare le strategie della sicurezza, con due distinte articolazioni, definendo bene i compiti e le funzioni di ciascuna di esse. In futuro il Cesis dovrebbe essere il soggetto forte, programmatore strategico della sicurezza. Sisde e Sismi ne dovrebbero costituire le due articolazioni operative».




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LA STAMPA
I POTERI DEI SERVIZI SEGRETI
Quando lo 007 diventa fuorilegge
9/8/2006
di Lucia Annunziata
MA gli agenti di intelligence, i cosiddetti spioni, sono servitori dello Stato o prezzolati personaggi da utilizzare quando serve per operazioni fuori dalla legge?

Non è una domanda nuova. Anzi, è la questione cui si può ricondurre tutta la vicenda del rapimento illegale di Abu Omar. Ora pare che al quesito stia cercando di dare una nuova risposta il presidente del Copaco, Claudio Scajola, il quale - stando a quanto dichiarato ieri a La Stampa in una intervista - propone che, se necessario per la sicurezza nazionale, «il presidente del Consiglio deve poter autorizzare agli 007 anche azioni extra leges».

Sembra la soluzione più facile per risolvere per il futuro (e in qualche modo per il passato) il nodo politico di fronte a cui la vicenda Pollari ha messo la classe politica e i cittadini.

Dopo l'11 settembre, è noto, la lotta al terrorismo è stata cambiata dalla natura stessa del terrorismo, internazionale, tecnologico, pieno di denaro e a forte base ideologica. In questo adeguarsi, le strutture stesse degli apparati sono state messe sotto pressione. Con i conseguenti dilemmi etici che ben conosciamo per le nostre democrazie. Dilemmi che poi si riducono ad uno: per lottare contro i terroristi è giusto divenire in qualche modo come loro?

Da qui la questione di Guantanamo, di Abu Ghraib (è lecita la tortura se si tratta di avere informazioni che salvano vite umane?), la questione dei voli illegali Cia, e, infine, delle rendition di terroristi su cui è inciampato il Sismi italiano.

In questo senso è abbastanza evidente che il caso Pollari nasce e si sviluppa in un contesto internazionale, e che non è la «deviazione» di un solo servizio, quello italiano.

L'onorevole Scajola oggi pensa che un buon modo per risolvere questi dilemmi sia, come si diceva, separare le operazioni «sporche» dalla normalità legale dei servizi. In realtà questa distinzione è: 1) una brutale sottrazione del potere di controllo del Parlamento. Se infatti la responsabilità delle azioni più delicate è solo nelle mani del Premier, esattamente cosa rimane nelle mani del controllo pubblico?; 2) è una sottrazione del potere di controllo dei cittadini: in merito ai nuovi dilemmi etici - è giusta la tortura, o il rapimento, o l’abolizione della privacy in nome della sicurezza? - è la opinione pubblica a dover decidere prima che si adottino in segreto nuove regole; 3) infine creare un settore di operazioni illegali da autorizzare di volta in volta, sottrae gli 007 alla copertura totale del contesto giuridico. Degradandoli da servitori dello Stato - che sono tali perché sempre garantiti dalla legalità democratica - a delinquenti autorizzati, appunto.

La strada più difficile rimane invece quella esattamente contraria. Se il mondo è davvero cambiato, se viviamo in una guerra permanente strisciante, se le definizioni delle nostre strutture democratiche e dei nostri principi sono divenute dei limiti, se ne deve discutere, e si deve decidere in pubblico se superare i limiti, se confermarne altri e come. Rendendo comunque legali, cioè definiti da un nuovo contesto legislativo, eventuali nuovi modus operandi, se se ne adottano.

Negli Stati Uniti e in Inghilterra sono state approvate nuove misure che hanno violato vecchie barriere - la privacy, il diritto alla libertà di opinione, in alcuni casi si è arrivati molto vicino persino a violare il rispetto razziale (con i cosiddetti profiles) e la libertà di culto. Sono state misure molto controverse. Ma tant'è. La controversia è la regola della trasparenza. I cittadini infatti hanno il diritto di rimanere consapevoli. E gli 007 hanno il diritto a non divenire una banda extramoenia.



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